Piana del Sele, massacro di bufali: essere maschi vuol dire morire
| di RedazioneLe carcasse ritrovate a Capaccio Paestum, giunte a mare molto probabilmente dopo che i bufalini sono stati buttati nei corsi d’acqua, torrenti, fiumi e canali, sono solo una parte delle centinaia uccisi. La loro unica colpa: inutili perché sono maschi. L’inchiesta di Voce di Strada porta alla luce una situazione vergognosa. Mantenerli in vita costa troppo. Legati e lasciati a morire di stenti, scaricati nei fiumi e nei corsi d’acqua per farli annegare; oppure soppressi a colpi di bastone e lasciati in montagna a marcire e a diventare cibo per gli animali selvatici. È il triste destino dei capi bufalini la cui colpa è quella di essere nati maschi, e quindi non produttori del preziosissimo latte utilizzato dai casari per produrre la mozzarella, orgoglio del Made in Italy in tutto il mondo. Un business di milioni di euro dove la catena produttiva è tutto ed un bufalo femmina è un tesoro da coltivare ed il maschio quasi un fastidio. Una delle mattanze più crudeli è avvenuta nel 2015 in località Cannito a Capaccio: tra sterpi e rovi furono ritrovati 12 piccoli, solo uno di sesso femminile. Una strage in un territorio, la Piana del Sele, dove si registra la maggiore presenza di aziende zootecniche votate, appunto, alla produzione dell’oro bianco.
Il businees del latte di bufala
L’uccisione dei bufalotti da parte di allevatori senza scrupoli ha solo finalità economiche. L’allevatore non riesce ad ottenere nessun reddito da quel maschio senza latte, alimentarlo fino all’età adulta ha un costo molto elevato. Il mancato guadagno spinge alcuni bufalari a disfarsi dei vitellini maschi appena nati, spesso in modo cruento. La maniera più facile è scaraventarli nei corsi d’acqua ( come è accaduto per gli ultimi rinvenimenti lungo la fascia costiera pestana). Per essere sicuri che muoiano, a volte, legano loro le zampe impedendo ogni possibile movimento. Una pratica purtroppo confermata dai tanti rinvenimenti di carcasse di animali nei fiumi che attraversano la Piana: i vitelli sono stati ritrovati ancora con un cappio al collo, quello utilizzato per trascinarli fino alla sponda del fiume da dove vengono lanciati in acqua ancora vivi. I maschi appena nati vengono strappati alla madre, soffocati direttamente in stalla ficcandogli la paglia in gola, sotterrati vivi, buttati nella fossa del letame.
La ricerca del Dna da parte dell’Asl veterinaria
I controlli del servizio veterinario in questi ultimi anni, per contrastare il fenomeno dell’abbandono e uccisione di capi bufalini maschi, sono stati rinforzati soprattutto nella Piana del Sele. I veterinari addetti ai controlli procedono con i prelievi del sangue degli animali morti per il recupero del Dna. Un elemento importantissimo che consente di risalire alla bufala, (e anche al toro che ha montato la bufala) che ha partorito quel vitellino e incastrare così l’allevatore che si è disfatto dell’animale. Solitamente gli animali vengono abbandonati non molto lontano dalle aziende. Nel caso di carcasse rinvenute in acqua vengono controllate tutte le stalle che insistono lungo il fiume. Gli allevatori rischiano di essere denunciati: la nuova normativa per il maltrattamento animali prevede il carcere.
Quanto costa un bufalo ad un allevamento con 200 capi
In un allevamento, mediamente, una bufala partorisce una volta all’anno: il 70% dei capi sono dei maschi, raramente la percentuale è del 50%. Pertanto, in un allevamento di 200 bufale nascono 140 maschi non produttivi. Appena nati vengono immatricolati e se l’allevatore segue la procedura legale, il vitellino viene portato al macello non prima però che siano trascorsi 10 giorni durante i quali, come prevede la normativa per il benessere animale, va comunque alimentato. Prima del termine fissato dalla legge, non possono essere allontanati dalla stalla: bisogna attendere l’essiccazione del cordone ombelicale. Un vitellino consuma circa 4 litri di latte al giorno. L’alimentazione prima del macello ha, quindi, un costo di un centinaio di euro. Moltiplicato questo costo per 140 capi nati in un anno, si arriva ad una spesa di circa 14.000 euro annui in un allevamento di 200 bufale. Senza contare che gli allevatori effettuano una ferrea selezione genetica dei tori per la rimonta delle bufale. Ogni anno vengono scelti all’interno dell’allevamento due capi maschi dalle bufale che risultano essere le più produttive. «L’obiettivo della selezione – spiega un allevatore – è quello di migliorare la genetica. Solitamente ogni anno si scelgono due tori per sopperire nel caso di sterilità o altre problematiche di capi già selezionati e utilizzati. Un toro viene utilizzato per l’attività di monta per circa otto anni». Su centinaia bufalotti solo il 10%, alla fine, viene utilizzato per la rimonta delle bufale. Il destino degli altri è irrimediabilmente segnato. Finiranno tutti al macello.
Cibo per cani e gatti
I capi bufalini che vengono macellati non vengono utilizzati per l’alimentazione umana ma sono destinati alla realizzazione di mangime per cani e gatti. La carne dei piccoli non è “matura” per il consumo umano. Il disciplinare prevede che il capo prima della macellazione debba raggiungere l’età adulta che comporta per gli allevatori dei costi. Quasi tutti decidono per la macellazione anche perché, per fare un esempio, affinché un bovino raggiunga il peso di 5 quintali occorre un anno e mezzo, due anni nel caso del capo bufalino. Se dal bovino si ricavano su cinque, tre quintali di carne, da un capo bufalino poco più di due quintali.
– Fonte Voce di Strada
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