Pisciotta, tornano ‘I Concerti del Lunedì’: omaggio a Maria Callas e ad Enrico Caruso
| di RedazioneEdizione importante per “I concerti del Lunedì”, rassegna organizzata dal Comune di Pisciotta, con la direzione artistica del Maestro Mauro Navarra e l’organizzazione dell’Associazione “Artisti Cilentani Associati”, con il patrocinio della Regione Campania, del Ministero della Cultura, finanziato dall’Unione Europea NextGeneration.EU. Lunedì 10 luglio la Piazzetta Pagano di Pisciotta riaccenderà i riflettori sulla grande musica. Emozione palpabile per questa ri-partenza, nei luoghi ove ci ritroviamo da sempre, oggi, con maggior consapevolezza e godimento. Esiste un legame stretto tra il pensiero filosofico dell’esistenza e della ragione umane e il sapere del progettare-costruire, entrambe hanno un comune, e fondamentale riferimento, lo spazio. Noi uomini della fine ereditiamo il concetto di spazio come extensio, con esso Cartesio pensava lo spazio quale pienezza e continuità della materia e, quindi, quale medium del movimento, del tendere avanti a sé, quale sinonimo dell’amplificazione. Questo contenitore deve essere considerato uno spazio che può considerarsi il segno, nel suo divenir parola, suono, immagine, movimento, che diventa di-segno, archè, principio in quanto da-dove della progettualità, essenziale punto di dipartimento di ogni pensiero che, per essere se stesso deve discernere, giudicare, orientarsi, criticare e che, riprenderà a restituire qualcosa di una drammaturgia segreta, che porterà tutti noi organizzatori a “fare parte della scena”, al fianco dei protagonisti e del pubblico. Il primo appuntamento in cartellone, saluterà lunedì 10 alle ore 21,30 (ingresso libero), il concerto celebrativo di Maria Callas nel centenario ed Enrico Caruso per i 150 anni dalla nascita. Ad onorare questi due grandi nomi iconici della musica lirica saranno il soprano Antonella De Chiara e il tenore Daniele Zanfardino, con l’ Ensemble Salerno Classica diretto da Francesco D’Arcangelo.
“Mortus est, sed memoria pretiosi cantus sui non morietur”.
Mai lapide avrebbe potuto essere più profetica, trattandosi del tenore Enrico Caruso, re della lirica e divo dei due mondi. «Era quasi una persona immortale incarnata nell’arte lirica, è stata per il canto quello che Toscanini è stato per la direzione d’orchestra». A queste parole del maestro Riccardo Muti rivolte al mito Callas, si aggiunga che la lirica, grazie a lei, tornò a essere (forse per l’ultima volta) arte popolare, come lo fu con Caruso, business, colonna sonora delle nostre vite, definita un “soprano drammatico d’agilità”, dicitura ottocentesca riesumata per il suo timbro unico. Il 2023 offre la possibilità unica di celebrare questi due dei personaggi epici del mondo della lirica Maria Callas nel centenario ed Enrico Caruso per i 150 anni dalla nascita. Loro rappresentano quella linea di continuità, l’evoluzione moderna dell’ “essere cantante lirico” incentrato sul loro incredibile carisma, oltre che su prodigiose capacità vocali. Saranno il soprano Antonella De Chiara e il tenore Daniele Zanfardino con l’ensemble di Salerno Classica a ravvivare la leggenda delle due voci con un programma a loro dedicato che principierà con il Verdi de’ La Traviata. “Non bisogna esagerare – scriveva Verdi – nella smania di voler ogni cosa perfetta, perché si corre il pericolo di compiere ben poco, o di non compier nulla”. La Traviata procurerà una ricaduta del nostro inguaribile male: le pagine di quest’opera non ingialliscono mai e più forte penetra in noi e affonda il loro profumo nella memoria. Ascolteremo il preludio del I atto, con il suo primo tema tragico e drammatico che trasmette le tensioni e le sofferenze della protagonista, Violetta, la morte presente insieme a lei, per poi aprirsi con “Amami, Alfredo!”, sintesi dell’amore e dello spirito di sacrificio che guidano le sue azioni e chiudere con la festa in cui Violetta e i suoi invitati trascorreranno il tempo nell’ebrezza dei piacere mondani. Fine perlage per il brindisi, prima di intonare “Un dì felice eterea”, la De Chiara nelle vesti di Violetta colta da un improvviso mancamento, si ferma a riposare qualche istante. Alfredo, che le è rimasto vicino, le raccomanda di badare di più alla propria salute, e coglie l’occasione per dichiararle il suo amore. Ricorda il giorno in cui Violetta gli è apparsa (Un dì felice, eterea). Ma Violetta vuole allontanare l’amore, un sentimento che una cortigiana non si può permettere; per cui dice ad Alfredo di potergli offrire soltanto amicizia. Passaggio verista con l’Intermezzo dalla Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni e il suo famoso Intermezzo con i diversi movimenti dei temi contrastanti, i modi arcaici evocativi delle melodie, i temperamenti offerti dallo scivolio cromatico, i colori chiari della natura, rispecchianti quelli della fatalità amorosa e gli oscuri pugni dei bassi che muovono il sangue, una pagina, questa, che si espande rinforzando, ondeggiando, come il vento e gli stessi sentimenti umani, che fluttuano per i loro ciechi labirinti. Ed ecco l’opera del presunto scandalo per Enrico Caruso, l’ Elisir d’Amore, che non gli fece più elevare il suo canto a Napoli, con la celeberrima “Una furtiva lagrima”, cantata da un Nemorino felice perché si è accorto di una lacrima che, uscita dagli occhi di Adina, costituisce la testimonianza del nascente amore della donna per lui, ma un velo di tristezza ricopre l’intera pagina. Ritorna la De Chiara-Callas nel secondo atto di Tosca, con lo squarcio cantabile del “Vissi d’arte” che interrompe e precede le scene più movimentate. Il “Vissi d’arte”, che ha l’effetto di un lamento-preghiera, è quello di dilatare il tempo psicologico, come se davanti agli occhi di Tosca passasse in pochi istanti tutta la sua vita. La modernità dell’opera è che la vicenda di Tosca rimane legata alla città in cui si svolge il dramma è perché dietro a quelle vestigia e a quei sentieri «odorosi di timo» c’è una storia plurimillenaria di esercizio temporale del potere da parte dei papi che non ha riscontri in altri luoghi del mondo. Daniele Zanfardino evocherà, il canto spiegato di “Mattinata” di Ruggero Leoncavallo. Avanzerà, quindi, Carmen, col suo tema obliquo, della celebrata Habanera, individuato dal suo personale intervallo e con il tono scuro della tessitura vocale, è la zingara randagia, è l’eros inconfessabile delle taverne, l’eros che si esprime per vincere ogni degradazione, che è l’ultimo rifugio degli istinti, l’indizio d’una libertà illimitata, difesa fino alla morte, la libertà del corpo, dei sensi. Finale con l’incontro tra Mimì e Rodolfo nel primo quadro di Bohème. Tutto risuona di continuo purezza e bontà per poi sconfessarle nella segreta coscienza di un malessere sinora ignoto; di modo che la profonda spaccatura che nella musica di Puccini si verifica tra apparenza e stile è la sola chiave idonea ad aprire il suo controverso forziere e a mettere in luce quanto poco egli solidarizzasse con la vicina alba italiana del nuovo secolo e coi suoi aneliti di progresso e felicità.
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