Pollica, Fondazione Vassallo via da castello Capano. Dario: «Cacciati da bene comune»
| di Antonio VuoloPolemica a distanza tra la Fondazione Angelo Vassallo e il Comune di Pollica per lo sfratto dell’Ente dedicato al sindaco pescatore dal castello Capano di Pollica capoluogo. A lamentare, pubblicamente, la revoca dell’affidamento è stato Dario Vassallo, fratello del sindaco ucciso nel 2010 e presidente della Fondazione, accusando praticamente l’Amministrazione di averli «cacciati da un bene comune, comprato da un sindaco ucciso». Il riferimento è alla delibera approvata in Consiglio comunale lo scorso mese di ottobre con cui il Comune ha avviato il procedimento di revoca, sostenendo che «per oltre dieci anni la Fondazione non ha stipulato alcun contratto con il Comune e non ha utilizzato gli ambienti del castello Capano e che nulla ha prodotto neanche a seguito dell’avviso pubblico per l’affidamento degli spazi».
Ma Dario Vassallo non è dello stesso avviso e, in occasione della presentazione del libro ‘La Verità Negata’ presso l’Aula dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati, ha rincarato la dose: «Chiedo che la magistratura faccia chiarezza su come vengono spesi i soldi pubblici nel castello Capano estendendo l’occhio investigativo a Bologna e a Catania. Espulsi da una sede che mai abbiamo ricevuto, con la motivazione di non aver prodotto. È una vergogna istituzionale, è una vergogna politica. Il Partito di appartenenza di Angelo non può fare il distratto, altrimenti si diventa complici. È stato ucciso un sindaco, è stato ucciso lo Stato». A fargli eco anche l’ex premier, oggi alla guida del M5S, Giuseppe Conte: «Tanti tributi alla memoria di Vassallo fanno impallidire la grottesca reazione dell’Amministrazione di Pollica, che a caldo attribuisce una stanza nel castello e a distanza di anni, revoca il semplice comodato d’uso, una stanza a disposizione».
Ma il sindaco di Pollica, Stefano Pisani, non ci sta e ribadisce: «Non abbiamo sfrattato nessuno dal castello. Abbiamo semplicemente constatato il disinteresse della Fondazione a svolgere attività in questo spazio visto che in 10 anni non si sono preoccupati neppure di chiederci le chiavi. Nonostante ciò, come forma di correttezza amministrativa, abbiamo avviato un procedimento, a cui non è seguita nessuna controdeduzione e per di più non hanno risposto neppure al successivo avviso per la pubblica evidenza». Quindi, la stoccata finale: «I paladini della legalità devono anche imparare la correttezza dei procedimenti amministrativi. Abbiamo semplicemente preso atto del disinteresse, avviato e poi concluso il procedimento a seguito di nessuna risposta».
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