Premeditazione ed omicidio premeditato
| di Nicola SuadoniLa premeditazione è una forma di c.d. dolo di proposito che richiede da un lato un notevole lasso di temo tra l’ideazione del reato e la sua concreta attuazione (elemento cronologico) e dall’altro una preordinazione di modalità e mezzi per assicurare al piano criminoso una possibilità di riuscita (elemento ideologico).
Con sentenza n. 23979 del 5 maggio 2022, la prima sezione penale della Corte di Cassazione ha ulteriormente chiarito i principi di diritto, elaborati dal diritto pretorio, in punto di individuazione del dolo di premeditazione.
In via preliminare, la giurisprudenza di legittimità, ormai consolidata, ha ricostruito la struttura della premeditazione, quale circostanza aggravante caratterizzata da due elementi costitutivi, l’uno di natura ideologica o psicologica, l’altro di natura cronologica.
In particolare, il primo – quello soggettivo – si sostanzia nella risoluzione criminosa, perdurante, senza soluzione di continuità, nell’animo del soggetto agente. Il secondo, invece, l’elemento di natura cronologica, è integrato dall’apprezzabile intervallo temporale tra l’insorgere del proposito criminoso e la relativa attuazione, tale da consentire all’agente di riflettere, in modo ponderato, sulla possibilità di recesso.
Più nel dettaglio, l’elemento di natura ideologica o psicologica, poiché dimora nel foro interno dell’autore del reato, è, di regola, quantomeno nelle fattispecie non concorsuali, oggetto di prova meramente indiziaria, salvo che l’agente abbia confessato ovvero riferito a terzi il suo proposito omicida.
Non è necessario stabilire con assoluta precisione il momento in cui è sorto il proposito criminoso o quello in cui l’accordo è stato raggiunto, purché i menzionati elementi indiziari siano gravi, precisi e concordanti, ai sensi dell’art. 192, comma 2, c.p.p. Questi, considerati nel complesso, devono consentire di risalire ai requisiti di natura ideologica e cronologica nei quali si sostanzia l’aggravante in commento, in termini di certezza processuale
Inoltre, la giurisprudenza di legittimità ha individuato nell’agguato un indice rivelatore del dolo di premeditazione, almeno in astratto, siccome sinonimo di imboscata o di insidia preordinata, tanto da postulare un appostamento, protratto per un tempo più o meno lungo, in attesa della vittima designata, quando ricorrono mezzi e modalità tali da non instillare alcun dubbio sul reale intendimento dell’insidia. Spetta, così, al giudice di merito, ai fini della configurabilità della premeditazione, cogliere ed apprezzare tutte le peculiarità della singola fattispecie per verificare se sussistano in concreto entrambi gli elementi costitutivi dell’aggravante in oggetto.
La premeditazione, invece, è da escludere, quando il giudice riscontra solo uno dei due elementi, come nel caso di avvistamento causale della vittima designata ovvero nell’ipotesi di un agguato frutto di un’iniziativa estemporanea, sicché la risoluzione omicida non sia maturata attraverso una lunga riflessione, con possibilità di recesso prima dell’attentato.
L’art. 577, comma 1, n. 3, c.p., prevede la pena dell’ergastolo per l’ipotesi in cui l’omicidio volontario sia commesso con premeditazione.
Questa aggravante è il frutto di una tortuosa elaborazione ermeneutica e, in mancanza di una definizione legislativa, continua ad essere dibattuta e rielaborata.
Secondo la tesi classica, “in tema di omicidio premeditato deve darsi valore all’aspetto psicologico ed il fatto deve essere compiuto con fredda e pacata perseveranza”. Questa tesi di tipo soggettivistico è stata da tempo superata, non essendo stata accolta nei lavori preparatori del Codice Rocco, sulla base del rilievo che “quasi mai nella realtà un omicidio viene commesso senza una certa concitazione e che, di contro, non può dirsi premeditato ogni omicidio che non sia determinato da impeto immediato”.
Secondo un’impostazione di tipo oggettivistico, per l’esistenza della premeditazione, devono concorrrere due elementi: un certo lasso di tempo tra la risoluzione criminosa e la sua attuazione; e la c.d. macchinazione, cioè un’accurata preparazione del delitto, comprensiva della valutazione del momento più favorevole e delle modalità più idonee, nonché della preordinazione dei mezzi.
La premeditazione non va confusa con la preordinazione, che consiste nell’apprestamento dei mezzi minimi necessari per l’esecuzione del delitto (come, ad esempio, armi e auto per la fuga), e che, da sola, non è indicativa della intensa riflessione; pertanto, essa non è sufficiente, da sola, alla configurazione del delitto premeditato in parola.
Al riguardo, vanno qui richiamate le coordinate ermeneutiche delineate dalla Suprema Corte con il pronunciamento del 14/07/2015, che distingue, in tema di omicidio, la mera preordinazione del delitto – intesa come apprestamento dei mezzi minimi necessari all’esecuzione, nella fase a questa ultima immediatamente precedente – dalla premeditazione, che postula, invece, il radicamento e la persistenza costante, per apprezzabile lasso di tempo, nella psiche del reo del proposito omicida, del quale sono sintomi il previo studio delle occasioni ed opportunità per l’attuazione, un’adeguata organizzazione di mezzi e la predisposizione delle modalità esecutive.
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