«Qui la meta è partire»
| di Mariella MarchettiVa in scena la Maturità postpandemica,
un maxi orale in cui viene esposto l’elaborato, un corposo lavoro di ricerca e studio sulle materie di indirizzo, nel nostro caso latino e greco, seguito dall’analisi testuale di un brano, poesia o prosa, di un autore studiato nell’ultimo anno.
Si continua con le altre discipline, argomentando su spunti e materiali forniti dai docenti.
Il colloquio procede in maniera brillante. Sono spigliati questi ragazzi, hanno letto i classici, i libri di storia e filosofia, passano dal latino al greco, dall’italiano all’inglese, che parlano in maniera fluente, senza vergognarsi, come facevamo noi da ragazzi, terrorizzati dal renderci ridicoli con clamorosi scivoloni grammaticali e di pronuncia.
Del resto i docenti di lingua straniera ai nostri tempi erano quasi sempre, e non ne ho mai capito la ragione, laureati in giurisprudenza.
Hanno già in tasca attestati ottenuti a Londra in scuole prestigiose, che presto sfoggeranno altrove. I loro curricula saranno sicuramente ghermiti da Paesi dove sanno vederci chiaro e lungo, dove si guardano bene dal lasciarsi sfuggire eccellenze e promesse.
Parlano di materie scientifiche, e pur essendo del classico, non accusano cedimenti o contraccolpi.
Si passa alla quarta parte del Colloquio, quella di Cittadinanza e Costituzione. Maneggiano il lessico della giurisprudenza con sicurezza, come fossero già al primo esame all’ università.
Si passa all’ultima parte del Colloquio, quella dedicata al PCTO, un acronimo di gusto tutto italiano che per semplicità di comunicazione, traduco con “Alternanza scuola lavoro”.
Avviano la lavagna Lim e inseriscono la loro pennetta. Anche qui non fanno una piega: scorrono immagini struggenti del loro percorso formativo che fanno stringere il cuore, cuore che se ne va in affanno per un triste presagio, per un calcolo previsionale pessimista, quello che non lascia intravedere alcun ritorno.
Appare l’area archeologica di Elea – Velia, tutti i ragazzi, – siamo al Festival della filosofia – sono schierati in cerchio ad ascoltare
le lezioni di importanti docenti di fama nazionale e internazionale.
Scorrono le immagini de “I dialoghi sul male”, il borgo di Ceraso e il palazzo di Lorenzo: i ragazzi sembrano felici, si ha la sensazione che proprio in quel preciso momento abbiano scoperto la bellezza perturbante e la millenaria storia del Cilento.
Parlano di spopolamento e abbandono nel Sud con l’organizzatrice del festival, Luisa Cavaliere, con l’antropologo Vito Teti, con lo scrittore Gioacchino Criaco, cantore lucido e triste del Sud, col prof.Gigi Spina, con Hillary Sedu, giunto da lontano in Italia piccolissimo.
Hlkary oggi e un brillante avvocato del Foro di Napoli ed è venuto a parlare con loro di integrazione.
Scorrono le immagini delle giornate trascorse a Bosco, alla casa Museo e al Museo del pittore José Ortega, due gioielli di arte di cui solo pochi di loro conoscevano l’esistenza. Racconteranno poi che la visita a Bosco ha lasciato in loro una profonda traccia, e l’impressione di aver compiuto un lungo viaggio, di quelli in cui serve l’aereo per poter visitare e ammirare i più celebri musei di Barcellona e Madrid.
L’ esame finisce, è passata un’ora e forse una manciata di minuti.
L’esame finisce sempre allo stesso modo, con una domanda di rito: quale facoltà sceglierai e in quale città. Le risposte martellano forte dentro e scuotono: economia, medicina, giurisprudenza.
La meta è quasi sempre Milano, Torino per le facoltà scientifiche, Bologna per quelle giuridiche e letterarie, Roma ancora in qualche modo regge, qualcuno andrà a Napoli, ma poi vorrà specializzarsi al Nord o all’estero.
Ora l’esame è davvero concluso, neanche una stretta di mano, perché il nuovo galateo postpandemico non lo permette.
Qui la metà è partire, tornare chissà.
Qui non si sa chi va, e non si sa chi resta.
©Riproduzione riservata