Raffaele e la grotta dei rapaci: «In pochi conoscono questa storia»
| di Luigi MartinoE’ un piccolo ecosistema non lontano dal trambusto del vivere quotidiano ma completamente estraneo al cemento e da ogni bruttura umana. L’ho scoperto in un tiepido pomeriggio di inizio febbraio. Mi ci ha accompagnato un amico, Raffaele, esperto pescatore di Marina di Camerota nonché conoscitore di questa fetta di costa del Cilento. Raffaele, seppur giovane, è uno di quei profili scalfiti dal mare e dalla brezza. Mi ha insegnato tanto e soprattutto a parlare di meno e ad ascoltare di più. Ad ascoltare gli anziani, quelli che colorano il porticciolo del borgo marino che si specchia ai piedi della torre dello Zancale. Oppure le onde, il fruscio della macchia Mediterranea e il silenzio. «Ti faccio fotografare una cosa nuova» mi ha detto. E poi mi ha guidato qui, in questo scrigno che «da anni – come svela lui stesso mentre ci arrampichiamo sulla roccia di questo lembo di Parco nazionale del Cilento – ospita e regala tranquillità a coppie di rapaci di ogni genere». «Sarò fortunato?», penso mentre seguo il sentiero che a tratti c’è ma che a tratti dobbiamo disegnare noi tra cespugli di rosmarino, lentisco e spine.
Dieci minuti dalla strada (che per ovvie ragioni preferiamo non rendere nota) ed eccoci qui. Una caverna che all’apparenza sembra vuota. Raffaele mi invita a fare silenzio e a muovermi in modo discreto. «Sono qui, lo so, ma facciamo piano altrimenti vanno via». Guarda a terra per cercare gli escrementi. «Ecco, questa è roba loro». Alza gli occhi ed eccolo lì, il primo esemplare di allocco. Poi subito un altro, un po’ più a sinistra. Li fotografo. Mi sbarrano gli occhi. Sono dello stesso colore della pietra. Sul terriccio rosso che funge da ‘pavimento’ dell’anfratto, orme di diverse specie. «Potrebbero essere volpi o tassi» mi spiega. Difficile capire. Di notte, qui, o perlomeno quando il sole non è così alto come oggi, questa grotta è facilmente popolata da animali di diverso genere. C’è chi giura di aver intravisto gufi, falchetti o civette. C’è chi racconta che un tempo era addirittura abitata, le macchie nere vicino alle pareti sarebbero testimonianze di fuochi accesi per tenere lontani gli animali o per cuocere del cibo. Di sicuro era ricovero per greggi e animali da pascolo in genere. Ad oggi resta la casa di questa specie protetta. Questi volatili dagli occhi neri che si sono fatti fotografare scendendo a patti: noi vi regaliamo qualche posa, voi ci restituite la calma e il silenzio di questo luogo. Affare fatto. E grazie Raffaele.
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