Ricollocare il testo al centro. Dalle prove Invalsi, crollo dei livelli di competenza
| di Antonio CalicchioSe esiste un precetto che un precettore può ricavare dagli esiti, poco confortanti, delle prove Invalsi inerenti all’italiano, è il seguente. Per coloro che non abbiano familiarità con l’acronimato burocratico-istituzionale, va chiarito che l’Invalsi è l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione. Le prove, per molto tempo materia di dispute, si effettuano annualmente, nell’ambito dei tre gradi di istruzione che, una volta, si nominavano scuole elementari, medie e superiori, valutando le competenze degli alunni relativamente all’italiano, alla matematica e all’inglese. I risultati di questi anni esprimono un calo, causa forse il Covid e le lezioni da remoto.
Appuntando l’attenzione sull’italiano, occorre evidenziare che la percentuale di coloro i quali mostrano un grado di competenza idoneo, si riduce, negli ultimi anni, al 69%, in seconda elementare, al 74%, in quinta, resta stabile al 62%, in terza media, diminuisce al 63%, all’ultimo anno delle superiori. Concepite per accertare diversi profili delle competenze linguistiche, le prove si fondano – in massima parte – su testi che fanno da spunto ad un insieme di quesiti. Un modo per evitare astrattezze nomenclatorie della grammatica, lavorando sull’italiano vero di brani tratti da libri e da articoli pubblicati negli ultimi anni. Vale a dire che alla base dei test vi è giustamente il testo.
Come certificano tali risultati, conformi con quelli di simili verifiche compiute in altre nazioni, a partire dagli Stati Uniti d’America, il rischio è che molti soggetti non siano più capaci di capire veramente ciò che leggono. Con tutti gli effetti del caso, dal momento che questa è una capacità determinante per vivere consapevolmente entro l’apparato sociale. Nulla di cui meravigliarsi, se è vero – come sembra – che, in Italia, oltre il 50% della popolazione ammette di non leggere neppure un libro all’anno, mentre quasi il 90% vive, comunica e digita sulla rete. Sprofondata nell’e-taliano dei social network, composto di molteplici immagini e rare parole, e nei microtesti delle chat, ricchi di emoji, gif, stichers e alternati sovente ai messaggi vocali.
Non vi sono cure prodigiose o rimedi semplici per invertire la rotta, però, non par dubbio che la strada risulta certamente quella di ricollocare al centro il testo. Aiutare i giovani a sperimentare il piacere di leggere per divertimento e per passione (ben vengano i suggerimenti di coloro che parlano di libri su TikTok) e insegnare una grammatica concreta e reale, ove ogni categoria sia immediatamente congiunta al ruolo che svolge nella dinamica del testo. Come accade nella scena del romanzo Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, in cui il protagonista narra dell’attenzione con la quale pone sul pavimento i vari pezzi del motore via via che li smonta, per eseguire una riparazione. Smontare i testi per svelarne il dinamismo interno e, poi, insegnare a rimontarli per raggiungere lo scopo voluto: leggere, scrivere e comunicare consapevolmente!
©Riproduzione riservata