Rigopiano, 8 anni dopo: una ferita ancora aperta. Tra le vittime, un giovane salernitano
| di Marianna ValloneSono passati otto anni da quel 18 gennaio 2017, giorno in cui una valanga di neve e detriti inghiottì l’Hotel Rigopiano di Farindola, in Abruzzo, strappando la vita a 29 persone. Una tragedia che ha segnato per sempre la memoria del Paese e che, ancora oggi, suscita dolore, rabbia e la richiesta di giustizia da parte dei familiari delle vittime.
Tra i nomi di coloro che persero la vita c’è anche quello di Stefano Feniello, un giovane di 28 anni originario di Valva. Stefano si trovava nell’hotel insieme alla fidanzata, Francesca Bronzi, per celebrare il suo compleanno e il loro quinto anniversario di fidanzamento. Francesca fu miracolosamente estratta viva dalle macerie, ma Stefano non ce l’ha fatta. I familiari di Feniello da otto anni si battono per mantenere vivo il suo ricordo e per chiedere giustizia.
L’Hotel Rigopiano si trovava isolato, bloccato da giorni da una tempesta di neve senza precedenti. I primi segnali di pericolo erano stati ignorati: le richieste di soccorso e la necessità di evacuazione non furono accolte in tempo. Quando la valanga si abbatté sull’edificio, travolgendolo con una forza impressionante, per molte delle persone al suo interno non ci fu scampo.
Oggi, in occasione dell’anniversario, a Farindola si è tenuta una commemorazione carica di emozione. Un “Giardino della memoria” è stato inaugurato per rendere omaggio ai 29 volti di quella tragica giornata. Durante la cerimonia, i nomi delle vittime sono stati scanditi uno ad uno, accompagnati dal volo di palloncini bianchi.
Il percorso giudiziario legato alla tragedia di Rigopiano è stato lungo e complesso. La Corte di Cassazione ha recentemente confermato alcune condanne, ma molte posizioni sono ancora da rivedere. Gli errori, le omissioni e la mancata gestione dell’emergenza pesano come macigni su una ferita che non accenna a rimarginarsi.
Otto anni dopo, il dolore dei familiari e l’affetto di chi ricorda le vittime restano intatti. Il sacrificio di Stefano e di tutti coloro che persero la vita deve servire a evitare che errori simili si ripetano, affinché la montagna, luogo di bellezza e pace, non si trasformi mai più in un teatro di morte.
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