Scarti oleari nel torrente Volpara e nel fiume Calore: imprenditore nei guai

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Scarti oleari nel torrente Volpara e nel fiume Calore: imprenditore nei guai

Un significativo successo nella lotta contro i crimini ambientali è stato ottenuto nei giorni scorsi grazie all’intervento dei militari del nucleo carabinieri Forestale di Capaccio-Paestum, in collaborazione con il personale tecnico del nucleo Guardie Giurate Ambientali dell’Accademia Kronos.

L’inchiesta e le scoperte

Le indagini, iniziate alle prime luci dell’alba, hanno portato a individuare il responsabile di uno sversamento illecito di reflui oleari a Roccadaspide. Questi materiali, costituiti da acque di lavaggio e lavorazione delle olive, venivano scaricati illegalmente in una canaletta stradale, raggiungendo poi il torrente Volparo e, successivamente, il fiume Calore, area protetta in quanto Riserva Integrale.

Utilizzando tecniche avanzate, come l’impiego di coloranti specifici come la fluoresceina, i militari hanno rintracciato un frantoio oleario dotato di una rete nascosta di pozzetti e condotte interrate, estesa per circa 200 metri. Questa infrastruttura permetteva di smaltire i reflui in maniera occulta. Nonostante le precauzioni adottate per nascondere l’impianto, le autorità sono riuscite a ricostruire l’intero sistema illecito di scarico.

L’ispezione ha successivamente interessato anche il sito di stoccaggio delle sanse esauste e il sistema di alimentazione degli impianti, portando alla luce ulteriori irregolarità ambientali.

Denuncia e provvedimenti

Le verifiche hanno evidenziato che il percolato delle sanse esauste veniva smaltito nei terreni circostanti senza alcun trattamento preventivo. Inoltre, è stata rilevata la presenza di una caldaia artigianale alimentata a sansa, priva della documentazione autorizzativa necessaria.

Al termine delle operazioni, i militari hanno sequestrato parte della struttura e alcuni terreni, denunciando a piede libero l’imprenditore responsabile. Le accuse comprendono lo smaltimento illecito di acque reflue derivanti dalla lavorazione delle olive attraverso una rete di pozzetti e una condotta di circa 220 metri. I reflui, comprendenti acque di vegetazione e lavaggio, insieme al percolato delle sanse esauste, venivano dispersi su un’area di terreno incolto di circa 150-200 metri quadrati.

L’imprenditore è stato inoltre accusato di aver provocato il deterioramento significativo e misurabile delle acque superficiali del torrente Volparo e del fiume Calore, compromettendo aree soggette a protezione speciale.

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