Se il Covid ci porta via la longevità
| di Redazionedi Giangaetano Petrillo
Questa profonda crisi, sanitaria prima ed economica poi, c’impone degli interrogativi che non possiamo più rimandare. Sia come generazione, in quanto chi più di noi deve interrogarsi sull’immediato e prossimo futuro; sia come categoria, in quanto facendo della comunicazione non possiamo esimerci dal porci questioni pungenti che, soprattutto, riguardano il nostro territorio. Alcuni anni fa un gruppo di studiosi dell’Università di San Diego, in California, arrivarono per via di una vacanza nel Cilento proposta da Salvatore Di Somma, medico del policlinico Sant’Andrea di Roma. Riunirono una trentina di centenari, scoprendo che, a volte provati nel fisico, erano però più svegli e più determinati dei loro stessi parenti di 50 o 75 anni.
«Tre anni fa li ho invitati a fare un giro nel Cilento – così commentava Salvatore Di Somma al termine dello studio – terra che conoscevo bene, ma che non frequentavo da trent’anni. Abbiamo incontrato persone che avevo visto a 60 anni di età ed erano ancora lì, vitali e lucidissime. Non portavano occhiali per leggere, c’era chi andava a pescare, altri trafficavano nei campi; da non credere ai propri occhi. Abbiamo capito che lì c’era qualcosa di unico. E poiché i colleghi di San Diego sono coinvolti da tempo in studi sulla longevità, ne abbiamo discusso e deciso di avviare insieme una indagine pilota su questi grandi vecchi».
Con un camper, gli studiosi visitarono nove località del Cilento sottoponendo gli anziani a diversi esami, parlando con i parenti per capire pure loro e l’ambiente. Il Cilento non era nuovo a segnalarsi nell’ambito della salute. Intanto qui si sommano ben trecento ultracentenari. In particolare nel paesino di poche migliaia di persone, Acciaroli, la densità di chi ha passato il secolo di vita fa concorrenza a quella nell’isola giapponese di Okinawa, che è indicata leader nel settore. E perciò studiatissima. Ma il Cilento vanta una speciale primogenitura in un altro campo; infatti è qui che il biologo americano Ancel Keys ebbe le prime intuizioni sui benefici, soprattutto per il cuore, di quella che sarà battezzata la dieta mediterranea. Questo studio, come altri portati avanti nel corso degli anni, ci insegna, e c’interroga, su quanto il legame tra uomo e natura sia inscindibile per una vita sana e longeva. Oggi la pandemia da Covid-19 ci mostra quanto fragile può diventare l’umanità difronte a sfide sconosciute e indecifrabili, almeno in parte.
E, fondamentalmente, quanto un bene come la vita possa essere messo in rischio da comportamenti spesso troppo superficiali e individualistici. Nel secondo trimestre dell’epidemia di Covid-19 è aumentata leggermente l’età media dei decessi. In particolare l’età media è passata dai 77,8 anni nel primo periodo dell’epidemia, agli 81.7 anni nel periodo della cosiddetta seconda ondata. «Il dato – scrive l’Iss in un tweet – può essere spiegato da maggiori conoscenze sull’infezione e maggiori capacità di cura». Mettendo quindi a confronto le caratteristiche dei decessi nei due trimestri marzo-maggio e giugno-agosto 2020, possiamo notare questo incremento. Questi dunque sono i dati che l’andamento attuale della pandemia ci consegna, e le previsioni sembrano essere più critiche della situazione attuale. Dati che dovrebbero farci preoccupare, e invece possiamo notare come la percezione della gravità del momento, sia del tutto relativa.
E se in Svizzera vengono indicate le tipologie di pazienti destinati a non essere ricoverati in Terapia Intensiva, «Età superiore a 85 anni. Età superiore a 75 anni accompagnata da almeno uno dei seguenti criteri, con cirrosi epatica, insufficienza renale cronica stadio III, insufficienza cardiaca di classe NYHA superiore a 1 e sopravvivenza stimata a meno di 24 mesi», noi che viviamo qui nel Cilento non possiamo voltarci dall’altra parte. Soprattutto noi giovani, ragazzi e adolescenti che sentiamo distante, in parte, questa malattia. E anche se pensiamo non ci tocchi, indirettamente potremmo favorire il contagio dei nostri affetti più cari. Coloro che, donne e uomini del Cilento, si erano guadagnati momenti di serena anzianità, prima del distacco eterno. E invece sono, loro malgrado, costretti ad affrontare questi ultimi attimi con angoscia e terrore. Se qualcosa pur dovrà insegnarci questa pandemia, partiamo dal rispetto della natura, che ci dona longevità, e della vita. E interroghiamoci non tanto su cosa non sia stato fatto fin qui, cosa tra l’altro evidente a molti; piuttosto su cosa potremmo fare noi d’ora in poi.
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