Approfondite inchieste giornalistiche sul boschetto Paleo-palustre
| di Roberto De LucaPuò succede che le macchie mediterranee e i boschetti paleo-palustri diventino cosa di poco conto in banali commenti di strada. Succede così che giornalisti chiedano prove della valenza ambientale dei luoghi, invece di cercarle in una seria e dettagliata inchiesta. Succede, infine, che questi luoghi, descritti con plagi evidenti in improbabili pezzi letterari, da testimonianza della vegetazione autoctona della vallata diventino “luoghi malsani e limacciosi”. Succede anche che arrivino a reggere le sorti di questa vallata fortunati (?) innesti politici, formalmente estranei ai giochi di potere quanto colpevolmente ignari della cappa di ignoranza (per voler essere buoni) che si è sedimentata anche a causa della loro effettiva compartecipazione alla “grande festa” nella pubblica amministrazione.
E pertanto, a noi non resta che ribadire quanto abbiamo già detto in passato, rischiando così di annoiare il lettore su questa “telenovela che dura dal 2003”. Adotteremo così un approccio didattico, sperando di essere finalmente compresi.
Con una legge regionale (L.R. 17/1998) si richiedeva alle Comunità Montane di stilare una “carta di destinazione d’uso del territorio” per individuare “le aree di prevalente interesse agrosilvo pastorale e di particolare pregio ambientale e paesistico, le linee d’uso delle risorse primarie e dello sviluppo residenziale produttivo, terziario, turistico e la rete delle infrastrutture aventi rilevanza territoriale”. Con una certa inerzia, la Comunità Montana del Vallo di Diano, il 13 febbraio del 2003, riuscì a deliberare su uno studio in tal senso prodotto anche grazie alle consulenze del prof. Pasquale Persico, del dott. Nicola Di Novella e della dott.ssa Maria Giovanna Fiume. Non sappiamo (né ci interessa poi tanto sapere) quanto siano costate queste consulenze. Tuttavia, dobbiamo rilevare che esse non possono essere state gratuite, per la mole di lavoro prodotta. Che cosa si stabilisce nella famigerata “carta di destinazione d’uso del territorio” allora? A pag. 252 si elencano, tra le aree di particolare pregio ambientale e paesistico, anche le “macchie e boschetti paleo-palustri”. Ora, si potrebbe obiettare: ma chi definisce boschetto paleo-palustre quello della zona Cappuccini, in altre parole la zona “umida, malsana e limacciosa” che ritroviamo in alcuni scritti? A prova del fatto che tale è la definizione del boschetto che ospita una zona PIP, si può leggere una lettera, avente a oggetto la salvaguardia degli ambienti umidi del Vallo di Diano, inviata al sindaco del Comune di Sassano pro tempore e ad altre istituzioni locali da Salvatore Della Luna Maggio, responsabile territoriale dell’associazione ambientale ATAPS-FIPSAS. In questa lettera, sopravvissuta nel nostro protocollo, ancora si legge “nelle tavole delle aree d’interesse naturalistico della carta d’uso del territorio veniva evidenziata la macchia ed il relativo boschetto paleo-palustre della località Cappuccini in agro di Sassano”. Ciò “è emerso durante l’incontro che la Comunità Montana Vallo di Diano, attraverso i suoi uffici tecnici, ha tenuto il giorno 1 luglio 2003 presso il municipio di Sala Consilina”. Che cosa preoccupava Della Luna Maggio? Si legge nella stessa lettera: “Con grande sorpresa, nel corso dell’illustrazione delle successive tavole, si è evinto che nella cartografia riguardante le aree PIP della comunità montana, una delle due aree PIP del comune di Sassano insisteva sul boschetto palustre di Ponte Cappuccini”. Salvatore Della Luna Maggio chiedeva, infine (così come prevede la L.R. 17/98, d’altronde) che il Comune di Sassano rivedesse il piano regolatore, vecchio di quasi vent’anni all’epoca, alla luce di quanto emerso in sede di discussione il giorno 1 luglio 2003.
E invece, l’amministrazione di Sassano, il 24 dicembre 2003 (D.C.C. n. 26/2003), approva il Piano Insediamento Produttivi redatto dai tecnici arch. Giancarlo Priante e ing. Nicola Calabrò. Il progetto prevedeva una strada nel boschetto (oggi parzialmente realizzata), che ne isolava i due rami irreversibilmente. La Regione Campania, senza preoccuparsi dell’assenza di una Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) per l’opera infrastutturale da eseguirsi in una zona “di particolare pregio ambientale e paesistico”, finanziava il progetto per un importo di 808.205,05 EUR (del. G.R. n. 5450/02). L’importo totale dell’opera era di 861.954,17 EUR, di cui 53.699,12 a carico del Comune di Sassano. Vengono quindi affidati i lavori ad un’impresa di Casal di Principe, per quanto riferitoci da una fonte attendibile, e i risultati sono quelli che abbiamo sotto gli occhi. Il corpo Forestale dello Stato è intervenuto, in data 20 gennaio 2011, con un sequestro penale di buona parte dell’area. Intanto, le indagini della Magistratura vanno avanti. La nostra associazione, già dal momento della denuncia del giorno 11 dicembre 2010, ha espresso la volontà di costituirsi parte civile in un eventuale processo.
Nel 2007, consci del fatto che “i Comuni orientano i loro piani regolatori alle indicazioni della carta di destinazione d’uso del territorio elaborata dalla Comunità Montana” (come si legge nella L.R. 17/98), dopo vari inutili tentativi di interloquire in modo costruttivo con l’amministrazione locale, abbiamo cercato di interessare il Ministero dell’Ambiente, con un’interrogazione parlamentare richiesta all’on. Trepiccione dalla nostra associazione. Nella seduta n. 159 del 17/5/2007, l’on. Trepiccione formulò un’interrogazione a risposta scritta all’allora ministro dell’Ambiente on. Pecoraro Scanio. Un estratto di tale interrogazione recita: “il PIP di Sassano (paese che conta poco più di 5.000 abitanti) prevede 20 lotti da 2.000 mq l’uno e le necessarie opere infrastrutturali; a Teggiano, 5 chilometri più in là nasce un altro PIP, proprio nell’areale della cicogna; ed altri ne sono previsti ad Atena Lucana, a Polla, a Sala Consilina e a Padula, tutte cittadine del Vallo di Diano con una media di meno di 10.000 abitanti ognuna, dislocate nel raggio di 20 chilometri;
dalla vicenda in oggetto possono trarsi alcune considerazioni: che le opere pubbliche infrastrutturali tendono ad essere insediate nelle aree libere del territorio, aree che sono considerate di scarso valore se non res nullius, quando invece dovrebbero essere considerate di valore più elevato rispetto alle aree edificate; che la previsione delegata ad ogni singolo comune di realizzare proprie aree di insediamento, senza complessiva concertazione e senza un coordinamento quanto meno provinciale, sta trasformando il Vallo di Diano in una distesa di aree asfaltate e ben che vada di capannoni, poiché i fondi sono spesi in quanto vincolati allo scopo e non in base a reali esigenze produttive ed ogni comune tende a spendere quanto ottenuto senza interfacciarsi con i comuni confinanti; che la mancanza di norme centralizzate per l’uso dei suoli sta distruggendo il territorio, in quanto qualsiasi centro commerciale è considerato «migliore», in quanto produce più reddito, di qualsiasi area agricola o ambientalmente significativa”.
La vicenda di questa interrogazione parlamentare è singolare, perché essa viene prima formulata e poi ritirata. L’attuale sindaco Pellegrino, allora parlamentare dei Verdi, per sua stessa ammissione, mi ha confermato un sospetto: è stato lui stesso a far ritirare quell’interrogazione di pregevole fattura. Il motivo è stato quello di una pretesa competenza territoriale. Pretesa, perché l’allora onorevole Pellegrino, attuale sindaco di Sassano, non era stato eletto in un collegio di Campania 2, ovvero sul nostro territorio. Vero era, tuttavia, che egli intratteneva buoni rapporti con l’amministrazione (a lista unica) di Sassano. E non può essere che quella pretesa competenza territoriale fosse solo un modo per giustificare un intervento a seguito di una chiamata amica? Anche perché, oltre le cose sacrosante dette dall’on. Trepiccione, un passaggio di quell’interrogazione non dovrebbe sfuggire agli amministratori locali: “Esiste una proposta, da parte della Regione Campania, di istituire una Zona di Protezione Speciale a ridosso del Tanagro, proprio per il forte flusso migratorio che tale specchio d’acqua attira”. Tramite l’associazione che rappresento, spedisco, il 22 settembre del 2006, una lettera ai sindaci di Sassano, Sala Consilina, Teggiano e San Rufo, per sollecitare la perimetrazione delle aree. Il sindaco di Sassano, dott. Rubino, risponde il 24 ottobre del 2006 (prot. 5298): ”… si rappresenta che questa Amministrazione, di concerto con gli altri Comuni interessati, sta procedendo alla redazione di una proposta di perimetrazione della Z. P. S. da presentare al Tavolo di Concertazione presso l’Assessorato Regionale competente.” Oggi siamo ancora in attesa che tale perimetrazione venga fatta e che una Zona di Protezione Speciale venga istituita per il Tanagro. Ma che volete che importi a noi tutti degli uccelli migratori, quando sono in gioco gli interessi dei rapaci stanziali?
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