Solo cibo a domicilio, così non va bene: il grido di protesta dei ristoratori del Cilento
| di Luigi MartinoLa possibilità di riprendere l’attività con le consegne a domicilio, in Cilento non convince del tutto gli operatori della ristorazione che si dicono scettici per via delle difficoltà nel reperire sul mercato i dispositivi di protezione individuali e degli orari d’apertura ridotti. Oltre al fatto che, anche per quanto riguarda i bar, «è inutile riaprire solo per le consegne a domicilio, quando nei nostri paesi si è abituati a prendere il caffè al banco o anche altro». Perciò, alcuni sono pronti ad aderire a un flashmob di protesta: luci delle insegne accese e un tavolo apparecchiato e, il giorno seguente, consegna al Comune delle chiavi dell’attività commerciale. La proposta parte da Salerno ma nelle ultime ore ha visto l’adesione di tanti imprenditori del comprensorio a Sud del capoluogo di provincia.
Diverso il discorso per le librerie che, grazie alla possibilità di proseguire con la vendita online già dopo la prima chiusura imposta dalla normativa anticontagio, rialzeranno le saracinesche osservando scrupolosamente le disposizioni previste dall’ordinanza del presidente della Regione Campania, pur non temendo alcun assalto perchà resta l’obbligo, per le persone, di restare a casa. Ma librerie e cartolerie grandi, in Cilento, ce ne sono poche e, con le scuole chiuse, la vita lavorativa diventa assai difficile anche per loro.
Il presidente di Confesercenti provinciale di Salerno, Raffaele Esposito, analizzando le proiezioni Fiepet Confesercenti, ritiene che questa parziale riapertura è «un piccolo spiraglio di luce per un comparto fortemente danneggiato dalla crisi e dove più del 40% del guadagno annuale è ormai andato in fumo». «Siamo per un’apertura graduale, ma insieme e di tutti i comparti ferme restando le misure di contenimento del contagio», aggiunge invocando «regole certe per ripartire, con linee guida chiare e sostenibili, senza il fardello di misure troppo onerose e non rimborsate per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro» e «maggiore attenzione da parte dei Comuni per i tributi locali che inevitabilmente verranno chiesti». L’ultima ordinanza rappresenta «un timido passo verso la normalizzazione», ma avverte che, «se si vuole investire sull’asporto attraverso le nuove tecnologie digitali, ci attendiamo misure valide di supporto agli esercenti».
Carla D’Acunto, ad esempio, titolare di un ristorante nel salernitano che non faceva consegne a domicilio prima dello scoppio dell’emergenza, spiega le difficoltà di chi, oggi, vorrebbe riaprire per effettuare l’asporto: «I ristoranti non hanno il codice Ateco per poter portare il cibo a casa delle persone. Per ottenerlo, sono necessarie due richieste amministrative al Comune da parte di un tecnico abilitato, pagare due bollettini da 80 euro cadauno, più circa 200 euro per la pratica del tecnico. Poi, ci vuole l’autorizzazione sanitaria che dovrebbe farla un altro tecnico. E, considerando che la riapertura per il solo asporto è fino al 3 maggio e il primo maggio è festa, parliamo di sei mezze giornate. Quindi, non ci sarebbe ne’ il tempo per produrre questa documentazione, ne’ per adempiere a tutte le altre norme previste per chi non ha mai fatto asporto. In più, ci vorrebbe lo spazio per ospitare pile e pile di vaschette al posto dei piatti».
Tutte difficoltà che spingono la ristoratrice a sottolineare che «non è semplice dire di riaprire il ristorante perchè se non lo facevano prima è praticamente impossibile pensare di farlo in tempi così stretti». D’Acunto, tra l’altro, è referente della Campania del movimento nazionale Risorgiamo Italia con il quale «abbiamo organizzato, dando comunicazione a Comune e prefettura, un flashmob il 28 e il 29. Il 28 alle 21, ogni esercente accenderà le luci del proprio ristorante, apparecchierà un tavolo e invierà un video in streaming che verrà trasmesso sulla pagina del movimento. Il giorno seguente, una delegazione sarà attesa, previo appuntamento, per una consegna formale delle chiavi delle nostre attività commerciali».
Tra chi effettuava già le consegne a domicilio, c’è la pizzeria di Gianluca Vitolo, raggiunto al telefono, evidenzia che «rappresentano un 30/35% della nostra attività». Ma, nonostante questo, osserva che, «oggi, è difficile muoversi per organizzare il nuovo servizio a domicilio perchè, facendo un rapido giro dei fornitori, noto difficoltà nel reperire i presidi necessari alla riapertura». Perciò, «quasi sicuramente, lunedì non riaprirò perchè non penso di essere in grado, in così poco tempo, di mettere in sicurezza i dipendenti. Mi sto organizzando e preferisco riaprire dopo qualche giorno». Hanno studiato, per l’intero pomeriggio di ieri, l’ordinanza firmata da De Luca i titolari della libreria Imagine’s Book di Salerno per capire «come preservare la salute ed evitare eventuali sanzioni», rivela, interpellato dall’AGI, Rosario Casolaro, uno dei due soci. «Ci stiamo attrezzando con tutto ciò che dobbiamo avere, tra mascherine, gel per le mani e via dicendo». Da lunedì, intanto, «lavoreremo a personale ridotto, dei 5 dipendenti, lavoreremo in 3». Certo, ammette, «avremmo preferito poter aprire prima, siamo rimasti quando, a livello nazionale, è stata data la possibilità di aprire e in Campania no». Comunque, anche dal 27 aprile prossimo, «i clienti non potranno venire in libreria, quindi il rischio di eventuali assembramenti non sussiste proprio». Ma, già dal 12 marzo scorso, «ci siamo attrezzati facendo consegne a domicilio e ha funzionato molto bene, dice ammettendo di essersi accollati le spese per le spedizioni “anche per invogliare le persone all’acquisto».
Totalmente diversa invece la situazione per quanto riguarda i l’apertura dei bar. «Con il solo servizio a domicilio per noi è impossibile lavorare – tuona il titolare di un bar del lungomare di Sapri – è inutile riaprire le porte, sanificare, riassumere il personale, per cosa? E’ una presa in giro questa. Posso capire in città, con gli uffici aperti. Ma qui cosa apriamo a fare solo per le consegne a domicilio. Era meglio non includerli proprio i bar nella nuova ordinanza della Campania». E lo stesso discorso, in Cilento, vale per i ristoranti: «Non conosciamo il nostro futuro ed è questa la cosa che ci fa più rabbia, non abbiamo disposizioni pera la nuova stagione estiva e non sappiamo cosa dobbiamo fare e quando – sostiene Marco, titolare di un ristorante ad Agropoli – viviamo di turismo e non ci hanno detto nulla a riguardo, ci informano adesso che da lunedì possiamo fare consegne a domicilio ma da noi il ristorante viene visto in modo diverso, non siamo a Milano o in altri posti d’Italia dove ci sono tavole calde che lavorano quasi interamente così. Non per il domicilio non siamo proprio attrezzati e non abbiamo nemmeno la documentazione in ordine per fare un tale servizio».
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