Su Facebook il gruppo contro le discriminazioni sessuali, Dorian Gonnella: «Nessuno è solo»
| di Redazionedi Giangaetano Petrillo
«Molti infatti pensano “siamo in campagna, abito in un piccolo paese; sarò l’unico così! Qui non è come nelle città! Qui nessuno mi capirà!“, ma non è così, anche qui c’è chi è nella loro situazione, chi li comprende, chi li ama e spero che il mio progetto li aiuti a rendersene conto». Ha le idee chiare e la motivazione giusta Dorian Gonnella, giovane 30enne valdianese che in questo modo cerca di dare voce e sostegno contro le discriminazioni alla comunità di lesbiche, gay, bisessuali e transgender del Vallo di Diano. Dorian è nato nel corpo di una donna che, fin dall’infanzia, non ha accettato volentieri per poi iniziare un percorso che lo ha condotto al cambiamento. Fa lo scrittore, ci tiene alla sua terra ed ha una sensibilità tale da voler aiutare chi potrebbe trovarsi in difficoltà, sentirsi solo o «costretto a vivere nell’ombra», casomai per nascondere i propri gusti sessuali. «Questa mia terribile esperienza e sapere che ci siano persone rinchiuse ancora in quella gabbia fatta di depressione e angoscia, è una delle ragioni che mi ha spinto ad aprire il progetto; non voglio che qualcun altro debba sopportare ciò che io ho sopportato e anche purtroppo di molto, molto peggio. Se posso, voglio aiutare».
Da dove nasce l’idea, la suggestione o la necessità di creare un gruppo LGBTQ+ per il Vallo di Diano?
Le ragioni sono molteplici, ma ciò che ha fatto sì che mi decidessi è stato certamente leggere di tante discriminazioni e aggressioni verso persone LGBT+ avvenute qui in Italia. Questo mi ha riportato alla mente le molte storie udite nel tempo di persone che avevano provato un profondo disagio anche qui nel territorio e che purtroppo lo provano tutt’ora, nonché la mia personale esperienza. Sebbene vi siano vari gruppi LGBT+ su Facebook, si tratta di gruppi generici, aperti all’Italia intera, quindi una persona del territorio, pur aderendovi, si sarebbe sentita compresa da qualcuno che abita molto lontano, ma ancora in prigione nel suo territorio. Ho pensato allora di provare ad aprire un gruppo dedicato al Vallo di Diano, nonché recentemente un profilo Instagram, sperando che un’azione mirata potesse rendere queste persone finalmente libere. Molti infatti pensano «siamo in campagna, abito in un piccolo paese; sarò l’unico così! Qui non è come nelle città! Qui nessuno mi capirà!», ma non è così, anche qui c’è chi è nella loro situazione, chi li comprende, chi li ama e spero che il mio progetto li aiuti a rendersene conto. E’ importante infatti specificare che sia il gruppo Facebook che il profilo Instagram, non sono aperti solo a coloro che fanno parte della comunità, ma anche ai sostenitori.
Come ha reagito il territorio?
Fino ad ora molto bene. L’accoglienza è stata di gran lunga più positiva di quanto mi aspettassi. In effetti dopo l’apertura del gruppo, solo una minoranza ci ha criticato, ricevendo supporto pari o rasente lo zero e venendo anzi prontamente contestato da molti. Le adesioni sono state molte e ancor più velocemente sta crescendo il profilo Instagram e tutto questo mi fa ben sperare. Mi auguro che le cose non facciano che migliorare ulteriormente e questo mio progetto riuscirà davvero ad aiutare le persone.
Avverte che ci sia ritrosia sia dalla parte della società civile che dalla parte della politica cilentana verso l’apertura alla comunità LGBTQ+?
No, non direi, la situazione non mi sembra così male qui, ma lungi dall’essere ideale, intendiamoci. Per quella che è stata la mia esperienza, nel mio coming out sia come transessuale che come pansessuale, le persone mi sono sembrate in media ben disposte, questo nonostante inconsapevolezza e scarsa familiarità con certe tematiche, infatti uno degli obbiettivi del mio progetto è anche quello di colmare tali lacune diffondendo informazione a riguardo. Nonostante l’atteggiamento positivo di molti tuttavia, ancora sussistono, in particolare nelle vecchie generazioni, certe convinzioni profondamente errate che vanno assolutamente eradicate, prima fra tutte c’è la convinzione che certe cose siano qualcosa di cui vergognarsi e che vadano tenute nascoste perché sono affari privati. Ma affermare noi stessi non equivale a sputtanarsi come loro credono, e ciò che siamo non ha nulla di vergognoso. Una qualsiasi persona cisgender non cela la propria identità di genere: altrettanto deve valere per le persone trans, non binary, intersex etc. Una qualsiasi persona etero non cela di avere un partner: altrettanto deve valere per chiunque abbia un differente orientamento sessuale. Nessuno si sognerebbe di accusarli di sputtanarsi, né di dirgli di tenere tali cose nascoste perché sono motivo di imbarazzo; lo stesso deve valere per noi. Il mio intento non è necessariamente quello di far cambiare loro idea, perché so che in molti casi ciò non sia proprio possibile per una ragione o per l’altra: miro più che altro ad aiutare chi è ben disposto e in particolare le nuove generazioni a ribellarsi a quel modo di pensare e non lasciarsi convincere che abbiano ragione, così da renderlo infine collettivamente un pensiero inaccettabile.
Sul nostro giornale, intervistato qualche mese fa, Alessandro Cecchi Paone promosse una suggestione provocatoria, di fare del Cilento un Parco Gay Friendly. Cosa ne pensa?
Ho molta stima verso di lui e ho letto l’intervista, apprezzandola molto. Ad ogni modo, non dovrebbero esistere zone sicure per la comunità LGBT+, perché ciò implicherebbe che tutto ciò che sta al di fuori, non lo sia. Sarei quindi favorevole solo se si trattasse semplicemente di un passo avanti verso un’Italia più inclusiva in cui possiamo sentirci sicuri e liberi semplicemente ovunque ci venga in mente di andare. E’ un po’ come per il mio progetto: non nasce per essere un luogo sicuro per le persone LGBT+, ma per essere un punto di partenza per rendere l’intero territorio sicuro e inclusivo.
Come ha affrontato il suo percorso personale di consapevolezza e trasformazione?
È stato un percorso irregolare e travagliato. Pur capendo già verso i sei anni che ero diverso, non avevo idea di come gestire o interpretare ciò che sentivo e alla fine lo accantonai. Per lungo tempo non cercai di capire perché sentissi così sbagliato che le persone mi si rivolgessero al femminile e come mai mi sentissi così bene quando mi scambiavano per un ragazzo; sono un tipo poliedrico e le tante passioni, interessi, lotte e ribellioni della mia vita mi assorbivano tanto da non permettermi di guardarmi davvero dentro. A 24 anni tuttavia, raggiunsi il limite e non potei più rimandare di ammettere finalmente con me stesso chi ero davvero, così cominciò il mio doloroso percorso. Ho sofferto di ansia e paranoia a lungo, ferendo molto anche chi avevo attorno, isolandomi e rifiutando di uscire di casa. Sebbene alcuni mi abbiano capito, chi più chi meno, chi subito chi gradualmente, alcuni non ci riuscivano, perché purtroppo su disforia e transessualità c’è poca informazione e parecchia confusione, quindi mi sentivo in gabbia: se fossi uscito, come avrei spiegato a chi mi aveva conosciuto in precedenza che ora avevo capito di essere Dorian e che avrebbe dovuto rivedere il modo in cui mi si rivolgeva, chiamava e percepiva? L’idea mi terrorizzava e alla fine, non vedendo via di uscita, rinunciavo a cercare una soluzione e me ne restavo in casa, dedicandomi a qualche passatempo che fungesse da palliativo per alleviare quel dolore. La mia vita era in stallo, mi sentivo un fallito, mutilato, desideravo non essere nato affatto. Lo scorso anno in seguito a un evento che mi ha scosso profondamente, ho scoperto di avere in me una forza che non mi aspettavo di avere. Ho ripreso la mia vita in mano, ho cominciato a lavorare su me stesso, ho superato buona parte dei problemi scaturiti da quel periodo da incubo e ora mi sento molto meglio, molto più compreso, e ciò che sono fuori rispecchia sempre meglio chi sento di essere dentro; mi sento rinato, mi sento me stesso. Questa mia terribile esperienza e sapere che ci siano persone rinchiuse ancora in quella gabbia fatta di depressione e angoscia, è una delle ragioni che mi ha spinto ad aprire il progetto; non voglio che qualcun altro debba sopportare ciò che io ho sopportato e anche purtroppo di molto, molto peggio. Se posso, voglio aiutare.
Ci stiamo avvicinando, sperando in una sua approvazione, alla votazione della legge contro le discriminazioni omolesbobitransfobiche. Secondo lei è giusto che anche le nostre amministrazioni dimostrino vicinanza verso una legge di così alta importanza?
Certo, giustissimo. E’ assurdo rendersi conto che un mondo che ha fatto passi da gigante in così tanti campi, possa essere ancora tanto arretrato dal punto di vista sociale da necessitare di una legge perché le persone facciano qualcosa di semplice come l’aver rispetto per gli altri. Purtroppo però finché le cose staranno così, nessuno dovrebbe esimersi da mostrare il proprio sostegno, incluse le nostre amministrazioni, e già il fatto che la legge contro omolesbobitransfobia sia stata approvata qui in Campania, mi fa ben sperare.
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