Suggerimenti estemporanei per il Museo archeologico nazionale di Elea-Velia
| di Remigio CammaranoIl Museo è sotto i nostri occhi … nessuno lo vede?
Premessa
Il museo di Elea/Velia è una esigenza avvertita nel mondo scientifico e culturale da oltre mezzo secolo.
Il dibattito che si è sviluppato sull’argomento, durante il corso di questi anni, ha riguardato quasi esclusivamente la localizzazione della struttura, con posizioni contrapposte tra chi voleva la struttura all’interno dell’area archeologica e chi la preferiva in un altro posto, esterno, anche lontano dal sito stesso.
Qualche decennio fa si riaccese la discussione, e il comune di Ascea bandì un concorso di idee per la realizzazione del museo, anche in vista di probabili finanziamenti dello Stato che dovevano servire a rilanciare il sito, tra le varie cose, sotto l’aspetto turistico. A questo occorre aggiungere che la Regione Campania, agli inizi del 2000, promulgò la cd legge Daniele che sottoponeva a vincolo tutta l’area limitrofa a quella archeologica, e subordinava gli interventi di edilizia privata a un piano urbanistico che includesse anche il Museo di Velia; la legge regionale era anche sostenuta da una cospicua dotazione finanziaria per renderla concretamente attuabile.
Ad oggi, di tante buone intenzioni non è stato realizzato nulla, a parte un deposito di materiali di scavo ricavato nella galleria dismessa dell’ottocentesca linea ferroviaria e delle strutture prefabbricate in legno lamellare (che ricordano tanto l’architettura tirolese!), adibite a biglietteria e servizi all’ingresso principale dell’area archeologica.
La galleria, di cui si sta tornando a parlare quale sede museale, con sviluppo lineare di circa 260 mt e una larghezza di circa 4 mt, consente una superfice utilizzabile di circa 1.000 mq, certamente insufficiente a garantire delle accettabili funzioni minime di uno spazio museale commisurato all’area archeologica di riferimento; oltre gli aspetti legati alla sicurezza.
L’area archeologica si presenta al visitatore caratterizzata dalla potente cesura paesaggistica del viadotto della nuova linea ferroviaria realizzato negli anni ‘60 del secolo scorso, senza considerare la sconsiderata massa di edifici, peraltro di scarsa qualità architettonica, che, sommati, sovrastano visivamente, e negativamente, le delicate vestigia del passato.
L’idea, o suggerimento, quindi, emerge proprio dalla necessità di coniugare i vari fattori che, metodologicamente, sono alla base di una struttura museale legata a un sito archeologico, e che sinteticamente possono così riassumersi:
– Vicinanza all’area di scavo, in modo da favorire la stretta integrazione tra i reperti esposti e l’area di provenienza;
– Spazio espositivo sufficiente per il materiale scoperto;
– Soddisfacimento dei requisiti indicati nel DM 10 maggio 2001, Atto di
indirizzo sui criteri tecnico scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei, emanato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Proposta
Sulla base di queste riflessioni, è emersa l’idea-progetto di realizzare il Museo di Elea-Velia utilizzando lo spazio occupato dal viadotto ferroviario antistante l’area archeologica.
Il viadotto è costituito da 19 piloni in cls armato, con campate aventi una luce costante di mt 9.50 e una larghezza esterna di mt 9.00, di altezza netta pari a mt 4.50 circa; la struttura sorregge il doppio binario della linea Salerno- Reggio Calabria; i piloni presentano due aperture ognuno aventi una larghezza di mt 2.00 e altezza di mt 2.80 che ne consento l’agevole attraversamento.
Proprio davanti l’area archeologica può essere realizzata la struttura museale che, al contrario della proposta in galleria, consente di ottenere una serie di vantaggi:
-Un forte segno urbano e paesaggistico, arricchendo e riqualificando il tracciato ferroviario che, da muro di chiusura e occlusione dell’area archeologica diventa una sorta di porta di accesso, potendo contenere, oltre gli spazi espositivi, anche quelli dedicati alla gestione dell’area, quali biglietteria, ristoro, sale riunioni, biblioteca, ecc.
– Una struttura, sostanzialmente, a consumo di suolo zero, in quanto viene recuperata alla funzione museale lo spazio di sedime del tracciato ferroviario.
– Visibilità ai viaggiatori ferroviari che, durante il passaggio potranno osservare la struttura sottostante caratterizzata da torri eoliche ad asse verticale, cromaticamente elaborate per aumentare il segno museale e la presenza dell’area archeologica.
– Eliminazione degli attuali manufatti in legno interni all’area archeologica.
– La visione scenografica, direttamente dall’interno del Museo, attraverso
la vetrata, dell’area archeologica.
Il Museo potrà avere una superfice coperta minima, limitata a quella coperta del viadotto, di mq 1.800 circa; con la modesta estensione sui lati del viadotto, si può realizzare una superfice coperta di circa mq 6.500. Come si evince, la sola superficie coperta dal viadotto è circa il doppio di quella ricavabile nella vecchia galleria.
Rimarrebbe aperto il problema di eventuali ritrovamenti, ove si volesse estendere l’area coperta adiacente il viadotto, cosa che, di primo approccio, potrebbe risolversi nella realizzazione di un piano di calpestio “sospeso”, senza interferire con il sottosuolo, che rimarrebbe accessibile per scavi futuri.
Ancora, occorre risolvere l’aspetto della manutenzione del viadotto, comunque realizzato in cls armato massiccio, e della proprietà della relativa area di sedime, cosa superabile dal fatto che l’Ente proprietario è fra quelli proponenti e prevedendo delle strutture aggiuntive, a distanza adeguata per non interferire nei lavori di manutenzione.
Il Museo, così immaginato, potrà contenere tutte le funzioni indicate nella normativa tecnica e funzionale, ossia:
– Uffici
– Depositi
– Laboratori per il restauro
– Aule didattiche/riunioni
– Spazi per corsi di perfezionamento nelle materie archeologiche e
culturali
– Biblioteca/archivio/centro documentale
– Area espositiva
– Sale convegni e spettacoli
– Area informazioni/biglietteria/attesa
– Area ristoro
Sono da valutarsi gli aspetti tecnici e di sicurezza, imposti da Trenitalia, circa la possibilità di occupare gli spazi sottostanti il viadotto, anche compatibilmente con la necessità delle periodiche manutenzioni ordinarie e straordinarie; al riguardo si possono realizzare delle strutture “indipendenti” da quella ferroviaria.
Al riguardo, proprio Trenitalia potrebbe essere il soggetto finanziatore dell’opera, potendola inserire tra le misure compensative previste dalla procedura VIA della nuova Linea Alta Velocità Salerno-Regio Calabria.
La denominazione
Il Museo potrà avere la denominazione di “Museo Archeologico Nazionale di Elea e Velia”, abbreviata con l’acronimo MANEV intitolato a una delle grandi personalità che hanno divulgato la conoscenza del patrimonio culturale e archeologico di Elea nel mondo.
Si propone il nome del Prof. Werner Johannowsky, già Soprintendente ai Beni Archeologici delle provincie di Salerno, Avellino e Benevento, ispiratore dell’attuale proposta in quanto convinto assertore della inscindibilità degli spazi museali da quelli archeologici.
Aspetti progettuali
La struttura si incarna sulla scansione dei pilastri del viadotto ferroviario, cogliendone il ritmo e riqualificandone la presenza attraverso l’ampliamento degli archi ribassati, quest’ultimi sorretti alle estremità da pilastri, a formare un portico in mattoni, in modo da far rivivere l’antico materiale diffusamente utilizzato nelle antiche strutture.
I pilastri, continuando al di sopra della copertura, assumono forma e funzione di torri eoliche in grado di produrre energia elettrica.
L’incrocio dei pilastri con la copertura a volta viene segnato da una fronte quadrangolare, incavata di qualche centimetro, in modo che in ognuna di esse, a mo’ di metope, possa essere inserita una scultura a bassorilievo; ogni bassorilievo verrà realizzato da artisti locali, a significare il rapporto del mondo antico con l’attualità; sarebbe anche auspicabile la partecipazione di artisti mediterranei, in modo da integrare l’intervento in più vasto mondo culturale.
Avremo, così, 38 bassorilievi, per un numero equivalente di metope, che segneranno l’incontro dell’arte moderna con la storia antica, oltre ad altre opere d’arte e di arredo che, si auspica, segneranno l’area archeologica.
La copertura viene realizzata con una struttura metallica, a volta, sorretta dai pilastri rivestiti in mattoni; sulla copertura vengono installati pannelli fotovoltaici, che, insieme alle torri eoliche, renderanno la struttura ecosostenibile sotto l’aspetto energetico.
Le pareti esterne, costituite da ampie vetrate, saranno arretrate rispetto ai pilastri, in modo da formare un portico continuo, che forma una zona d’ombra e di filtro, oltre a un effetto chiaroscurale della facciata della struttura.
La copertura si rialza verso l’esterno, in modo da ottenere una altezza adeguata degli spazi interni, oltre a poter essere maggiormente percepita dai viaggiatori in treno.
L’area esterna viene sistemata a verde, fino alla Via Porta Rosa, in modo che i visitatori possano disporre di un ampio cono ottico per percepire nell’interezza la struttura museale e l’area archeologica.
Questi indirizzi vanno elaborati in un’architettura, dignitosa, consona all’importanza della funzione, cercando di trasferire ai visitatori, oltre i semplici servizi, un segno capace di rendere leggibile e attuale la cultura del passato.
Al momento, salvo altre migliori soluzioni, si propone una interpretazione architettonica che viene sintetizzata nei bozzetti allegati.
Santa Barbara di Ceraso, luglio 2020
Arch. Remigio Cammarano
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