Tamponò e uccise donna: 7 anni e 8 mesi a Diele
| di RedazioneSette anni e 8 mesi. A tanto è stato condannato Domenico Diele, accusato di aver tamponato, mentre era alla guida della sua autovettura, lo scooter sul quale viaggiava una donna di 48 anni, Ilaria Dilillo. Avvenne la notte del 24 giugno dello scorso anno, lungo la corsia nord dell’autostrada del Mediterraneo, nei pressi dello svincolo di Montecorvino Pugliano (Salerno). La donna mori’ a seguito del violento impatto.
Questa mattina, al Tribunale di Salerno, è stata letta la sentenza del processo, con rito abbreviato, in cui era imputato per omicidio stradale l’attore 32enne. Le motivazioni, invece, si conosceranno tra trenta giorni. Diele non era presente in aula, a quanto pare su consiglio del suo legale, per evitare un ipotetico attacco mediatico. Mentre questa mattina ha assistito all’udienza, ma non alla lettura della sentenza, chiuso nel suo consueto, riservato silenzio, il padre della vittima, che in questi mesi, insieme all’altro figlio, non si sono mai arresi ad una giustizia possibile.
«Non posso parlare di vittoria – spiega il legale della famiglia Dilillo, l’avvocato Michele Tedesco – se non da un punto di vista professionale. Perche’ non vi e’ mai una vittoria quando una persona perde la vita, ma almeno abbiamo ottenuto una condanna significativa e per di piu’ in tempi rapidissimi. Non dimentichiamo che la povera Ilaria e’ stata uccisa meno di un anno fa e quindi il sistema della giustizia ha funzionato anche in maniera celere”. Per ora l’attore non andra’ in carcere ma rimane un uomo libero, in attesa, dunque, dei prossimi gradi di giudizio.
«Presumo che per il 2019 – rimarca ancora l’avvocato Tedesco – si andra’ in appello. Intanto, però, noi non ci siamo mai arresi e non abbiamo mai neanche risposto a insinuazioni e attacchi, come quello che Ilaria fosse deceduta a causa di una puntura di insetto che gli avrebbe provocato uno shock anafilattico». «Oggi penso solo alla dolorosa tenerezza che mi ha fatto in questi mesi il padre della donna – conclude – il quale mi ripete spesso che da quella tragica notte dorme nel letto della figlia, non perche’ lui si senta solo, ma per non far sentire lei sola e abbandonata. Oggi questa condanna e’ la risposta a quel dolore, a quella sofferenza e a quel senso di abbandono».
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