Teste mozze, il libro di Maldonato incanta Paestum: «L’unica storia che accomuna il Cilento»
| di Marianna ValloneFolla delle grandi occasioni ieri sera a Paestum per la presentazione di ‘Teste mozze’, il romanzo storico di Franco Maldonato sulla vicenda umana e politica di Costabile Carducci, cittadino pestano, che nel gennaio del 1848, il comitato napoletano mise a capo della spedizione con la quale il Cilento insorse imponendo a Ferdinando II di Borbone, prima testa coronata d’Europa, la concessione della Costituzione.
La serata – voluta dalla Fondazione G.B. Vico, presieduta dall’avvocato Luigi Pepe – è stata magistralmente condotta dalla prof. Daniela Di Bartolomei, che ha stimolato l’autore del libro sugli aspetti letterari del volume, sul linguaggio adoperato e sulla riuscita declinazione della narrazione in termini storiograficamente corretti ma anche emotivamente seduttivi. “E’ un libro che parla al cuore, oltre che alla mente, e dunque è destinato ad affascinare le ragazze e i ragazzi che non conoscono o conoscono poco una storia – forse l’unica storia – che può accomunare tutta la comunità del Cilento, da Paestum fino a Sapri”.
La direttrice del Parco Archeologico Paestum-Velia, Tiziana D’Angelo, nel porgere i propri saluti, ha sostenuto che corre un filo invisibile ma non per questo meno intenso tra i valori tramandati dalla fondazione di Posidonia e dalla Scuola filosofica di Elea e il fremito di libertà che animò il movimento insurrezionale del ’48 cilentano.
Il senatore Alfonso Andria, presidente del Centro Europeo per la tutela dei Beni Culturali, si è soffermato anch’esso sulla fattura del libro, sottolineandone la scorrevolezza della narrazione pur a fronte di una investigazione di aspetti giuridici, giudiziari e politici complessi e variegati. L’uomo politico salernitano ha rilevato come la scomposizione del volume su un duplice scenario – londinese e napoletano, con un’alternanza che favorisce la freschezza del racconto e salvaguarda l’attenzione del lettore – e il rinvio della ‘soluzione del caso’ ad un apposito epilogo si sono rivelati un espediente tecnico che autorizza a qualificare l’opera come un romanzo storico sì, ma di colore giallo.
Al professore Giuseppe Cirillo è toccato intrattenersi sulla vicenda più propriamente storica degli avvenimenti, che il docente salernitano è riuscito a ripercorrere con una sintesi compiuta, benchè il libro abbracci un arco che va dalla fine del congresso di Vienna fino alla spedizione garibaldina. Prima che il prof. Cirillo concludesse il suo intervento, c’è stato un black-out totale, ma, senza perdersi d’animo, la prof. Di Bartolomei ha continuato ad interloquire a viva voce davanti ad un pubblico sempre più silenzioso ed attento, interrogando l’autore sul primum movens dell’opera.
L’avvocato Franco Maldonato ha così concluso raccontando, in buio totale rischiarato solo dalle fiammelle antizanzare, che la sua curiosità è nata nel 1979, allorquando riuscì ad interpellare l’avvocato Vincenzo Peluso, podestà, segretario del fascio e infine sindaco del primo trentennio democratico, sull’anello con il sigillo reale che si diceva fosse stato donato da Ferdinando II in persona al suo bisavolo, un sacerdote sanguinario, quale ricompensa per l’assassinio e (si diceva sempre) la successiva decollazione di Costabile Carducci. Il sindaco negò ma la sua ricerca non si fermò. E, alla sua morte, riuscì ad ottenere dalla sua ultima erede un prezioso annerito dal tempo, con lo stemma di Casa Borbone stilizzato sulla faccia anteriore, i rostri sui due lati e, all’interno dell’anulare, l’incisione: Viva del Re. La scoperta confermava che, per il sovrano, l’eliminazione del rivoluzionario cilentano rappresentò un evento decisivo per la restaurazione dell’ordine dinastico-legittimista, messo in pericolo dalla costituzione che era stato ‘costretto’ a concedere. Ne seguì, infatti, lo scioglimento delle camere, la revoca della carta, il ritiro dalla guerra d’indipendenza, la feroce repressione e, infine, il definitivo isolamento internazionale del Regno delle Due Sicilie, preludio per la sua caduta in morte di Ferdinando.
Cosicchè – ha concluso l’autore – “i giovani devono sapere che quella di Carducci e del Cilento non è una microstoria e che la Storia, quella con la esse maiuscola, è passata da qui”.
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