Torna nel Cilento e dipinge nel salone il mistero scoperto al capezzale del padre
| di Luigi MartinoFranco Gracco gira il mondo. Da Pompei raggiunge l’America, il Giappone, l’Inghilterra. Dipinge quadri, espone bellezze. Scopre il segreto più bello, durante uno dei giorni più tragici. Il papà era un uomo che da giovane aveva lasciato Omignano per vivere altrove. Un tipo chiuso che non voleva fornire molte spiegazioni riguardo la sua infanzia, i luoghi che lo avevano visto nascere. Durante gli ultimi giorni della sua esistenza, chiede di essere tumulato nel Cilento. Nel giorno dei funerali Gracco scopre le sue origini. Parte dalle persone che ricordano la sua famiglia, i suoi avi. E poi passa attraverso i sentieri del monte Stella, i castagni secolari, gli scultori, i cestai. Insomma: la comunità.
Conosce anche le stanze di Palazzo De Feo, dove il papà era nato. E allora decide di acquistare quell’appartamento. Era decadente. Aveva bisogno di luce nuova. Gracco lo trasforma in una galleria d’arte. Recupera gli affreschi del cielo e rimuove la vecchia carta da parati. La sostituisce con un omaggio a quella terra che ha conosciuto troppo tardi ma alla quale deve tanto. Dopo un lavoro minuzioso di ricostruzioni storiche e racconti, dipinge, con estrema devozione, la storia di Omignano e una parte di storia del Cilento.
Sulle pareti del salone ci sono tutti: Giuseppe che lavora i salici, Pasquale e le sue mani sapienti. C’è la scrittrice Lucrezia Lerro. Non manca la chiesa, il parroco, nonna Angelina, il monte Stella e Dio. Passeggiare in queste stanze – adesso – è come immergersi nella storia, sporcarsi di ricordi, vivere il passato riuscendo quasi a dialogare con i protagonisti di queste opere d’arte.
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