«Totò non è stato concepito a Napoli, ma nel Cilento»: la rivelazione del nipote
| di RedazioneTotò non è stato concepito a Napoli, ma nel Cilento. Parola di pronipote. Il suo nome è Guido Maria Grillo. Nato a Salerno, è musicista, cantautore, autore per il teatro ed è cresciuto in una famiglia profondamente legata all’arte. Come riporta il Corriere, da sua madre, discendente di Totò e docente di Storia dell’arte, ha ereditato vocalità e passione per l’arte figurativa. Il 10 gennaio uscirà il suo album dal titolo «Senza fine» (Visage Music).
Quale grado di parentela la lega al Principe della risata, di cui conferma il luogo del concepimento?
«La storia di Totò è nota ai più: lui era figlio di una relazione segreta tra un nobile, il marchese Giuseppe de Curtis, scapolo, zio di mio nonno, e la domestica di casa. Stiamo parlando della casa in cui è nato e cresciuto mio nonno materno. Per evitare lo scandalo, la madre di Totò si trasferì a Napoli: i de Curtis sono del Cilento. Per questa ragione, Totò nacque a Napoli, ma fu comunque riconosciuto dal padre nel 1921 all’età di 23 anni ed assunse il suo cognome, de Curtis. Mia madre era una de Curtis e suo padre, in quanto primo figlio maschio, aveva il titolo di famiglia. Anche se Totò ebbe una sua vita e una sua discendenza a Napoli, appartengono alla stessa famiglia, residente nel palazzo de Curtis di Roccagloriosa, in Cilento, dove Totò fu concepito e dove viveva suo padre. L’amore per l’arte, la musica, il teatro gli derivava da lì, mio nonno e i suoi fratelli frequentavano questi ambienti».
Lei è così cresciuto immerso nella grande canzone napoletana e nell’Opera, trovando in seguito, per sua affermazione, ispirazione in artisti come Roberto Murolo, Luigi Tenco e Jeff Buckley. Ci parla del suo nuovo disco?
«Contiene dieci brani, tra cui due rivisitazioni personali di classici napoletani, “Voce ‘e notte” e “Catarì (Marzo)”, e un featuring con Cristiano Godano, leader e fondatore dei Marlene Kuntz, nella canzone “Veleno”. Dentro c’è tutta la mia emotività, l’evocazione della grande musica del passato pur restando ancorato alla contemporaneità. Ho provato a far incontrare la canzone d’autore, sia quella francese che italiana e le sonorità della world music, immergendo il tutto in atmosfere mediterranee, echi medio-orientali. Una contaminazione che si riflette anche nella lingua, qui un suono in equilibrio tra l’italiano e il dialetto napoletano, in continuo dialogo».
Nel disco l’artista scava negli abissi della coscienza, scandaglia le solitudini e i tormenti d’amore («Tu sei casa mia», «’Stu lietto», «Da quando sei lontano»), racconta l’esistere e mette in guardia le generazioni che verranno («Non arrenderti»). Tra le note, raccoglie il necessario per la sopravvivenza di cuori afflitti («Veleno», «Un giorno disse addio»), mentre i brani più struggenti sprigionano disperazione e dolore di fronte a un addio («Senza fine», «Lettera a un figlio»).
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