Traffico internazionale di rifiuti, Tunisia accusa Regione Campania. La ricostruzione
| di Redazionedi Pasquale Sorrentino
L’intera documentazione in mano alla Regione Campania passata alla Procura di Salerno e ai Noe. L’attesa per capire se i 12 container carichi di rifiuti debbano tornare in Italia. Le accuse della Sra, l’azienda che ha stoccato i rifiuti, al Ministero dell’Ambiente in Tunisia. I dodici arresti in Africa e molti punti ancora da comprendere in questa intricata vicenda internazionale di traffico di rifiuti, di errori da matita blu e di accuse disseminate un po’ ovunque. Una vicenda che in Tunisia è scoppiata tra fine novembre e inizio dicembre e che in Italia ha poco eco, occorre dire anche questo. Se la stampa francese – e ovviamente quella tunisina – ne parla in modo martellante, poco si dice qui in Italia.
La vicenda.
Alla fine del 2019 la Sra, azienda di stoccaggio di rifiuti con sede nella zona industriale di Polla, trova l’accordo con la Soreplast, azienda tunisina per il trasporto di quattro carichi di rifiuti (sui documenti si legge 12mila tonnellate) per lo smaltimento in Africa. Si avvia quindi l’iter in Italia e la Sra amministrata da Antonio Cancro chiede alla Regione Campania le varie autorizzazioni. Gli uffici campani (Usd) si rivolgono al consolato tunisino a Napoli che – stando alle comunicazioni tra Regione e Tunisia – indirizza Palazzo Santa Lucia verso l’Anged (agenzia per il trattamento dei rifiuti tunisini). E a questa agenzia la Regione – dopo un iniziale sbaglio – chiede le autorizzazioni che vengono concesse e quindi “girate” alla Sra che avviano il trasporto di rifiuti non pericolosi attraverso il porto di Salerno su una nave battente bandiera turca. I primi tre carichi durante l’estate del 2020, vanno a buon fine, vengono presi in carico dalla Soreplast nel porto di Sousse. Una parte viene smaltita, l’altra incenerita in alcune discariche della zona di proprietà di aziende italo-tunisine. Il problema nasce con il quarto carico che viene bloccato al porto di Sousse perché ritenuto – dalle autorità tunisine – illegale. Il codice dei rifiuti non può essere accolto dalla Tunisia. Scatta l’inchiesta della Magistratura maghrebina con dodici arresti nelle alte sfere del Ministero e della Dogana tunisina. Il ministro dell’Ambiente si dimette, si parla – sulla stampa tunisina – di corruzione e traffico illegale di rifiuti. Il responsabile di Soreplast fugge, si rifugia nel Nord Europa. Nessuna rogatoria – occorre dire – viene richiesta per l’Italia.
La scoperta.
Tutto ciò in Italia per diverse settimane non viene messo alla luce. È una vicenda, pare, che concerne la Tunisia. Della presenza dei rifiuti e della situazione nebulosa vengono però informati l’europarlamentare Piernicola Pedicini e la consigliera regionale della Campania, Marì Muscarà. Entrambi appartenenti al Movimento cinque stelle. Ad avvertirli un parlamentare tunisino che vive a Milano, Karbai. Viene presentata, da parte della Muscarà, una interrogazione alla Regione Campania, la risposta pone una prima luce “italiana” sulla vicenda. La Regione ricostruisce quanto avvenuto e in base alle dichiarazioni del Ministero tunisino – laddove necessario – si dice anche disposta a far rientrare i rifiuti non pericolosi alla Sra, questo anche per la presenza di una fidejussione di 3milioni di euro. Per la prima volta la “notizia” del problema rifiuti tra Italia e Tunisia viene scoperta anche nella Penisola. La Regione, però, pare un po’ sminuire la vicenda, così come avviene anche in un dibattito in consiglio regionale. Contro la decisione del Ministero di Tunisia e il quasi avallo della Regione, si scaglia la Sra che schiera gli avvocati e definisce “puerili” le dichiarazioni tunisine.
Gli errori.
Si scopre una lunga comunicazione tra Ministero e Regione Campania sulle modalità di richiesta di autorizzazioni. Dalla Tunisia accusano gli uffici regionali di non aver chiesto all’ente giusto. Secondo la Convenzione di Basilea (che si occupa di traffico di rifiuti internazionali) non doveva essere contattata l’Anged bensì direttamente il ministero dell’Ambiente come è facilmente riscontrabile con una rapida ricerca sul sito della convenzione di Basilea. Non solo. Secondo il Governo maghrebino quel tipo di rifiuto per la Convenzione di Bamako che riguarda i rifiuti in Africa quel tipo di rifiuto (Y46) non può essere portato in Tunisia e quindi ne ordina il rimpatrio. La Sra da conto suo continua a ripetere che le autorizzazioni sono state tutte concesse dalla Regione e che l’azienda ha seguito l’iter richiesto da Palazzo Santa Lucia. A questo punto la Muscarà presenta una nuova interrogazione per comprendere la situazione dopo circa un mese di “palleggio” di responsabilità.
La Procura italiana.
Dalla risposta della Regione Campania all’interrogazione della consigliera Muscarà si scopre che la documentazione, lo scambio di mail, e per così il “Dossier rifiuti” è in mano alla Procura. Infatti la Regione afferma che non può permettere l’accesso agli atti alla consigliera in quanto sono in mano alla Procura di Salerno e ai Noe, il nucleo ambientale dei carabinieri, di Salerno. Questo è quanto noto fino a pochi giorni fa.
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