Turbativa d’asta, impiegato comunale di Moio della Civitella dovrà risarcire l’azienda
| di Maria Emilia CobucciPrescritti i reati penali, restano in piedi le statuizioni civili. E sono quelle che pesano come un macigno su un impiegato comunale che, per una turbativa d’asta avvenuta nel 2009, reato prescritto, rischia di dover pagare un risarcimento danni non quantificato alla parte civile che, nel caso di specie, è l’azienda esclusa dalla gara per la mensa scolastica del piccolo centro Cilentano. A emettere l’ultimo verdetto sono stati i giudici della Corte di Cassazione che hanno respinto il ricorso e condannato responsabile unico del procedimento, della procedura di gara contestata.
A.S., 63 anni, del luogo, dovrà corrispondere anche una provvisionale di 5mila euro oltre al danno morale che dovrà essere quantificato dai giudici del tribunale civile, al quale dovrà appellarsi la parte civile, ossia la ditta esclusa nel lontano 2009, per vedersi riconosciuto l’eventuale ristoro. Per ricostruire la vicenda giudiziaria bisogna fare un salto indietro nel tempo al 2009 quando, verso la fine dell’anno, appena iniziate le lezioni nelle scuole dell’obbligo del paese, espletò il bando di gara per l’affidamento del servizio di mensa. Sotto accusa finisce la gara espletata il 19 ottobre.
In quella circostanza – ha sostenuto la magistratura inquirente nei tre gradi di giudizio – il rup anziché estromettere la ditta aggiudicataria per palesi violazioni al disciplinare di gara, una volta ricevute le rimostranze della ditta giunta seconda, annullò il bando e affidò l’incarico alla stessa ditta, quella che andava estromessa, con un procedimento straordinario e urgente, nelle more dell’espletamento di una nuova gara. La vicenda, manco a dirlo, finì a colpi di carte bollate. La seconda classificata che chiedeva lo scorrimento della graduatoria, denunciò il tutto alla magistratura ordinaria. Le indagini furono condotte dalla procura di Vallo che portò a processo il 63enne di Moio e altri presunti correi. Il giudizio di primo grado si concluse con una sfilza di assoluzione, ma non per il rup che fu condannato. Assistito dal suo legale, presentò ricorso alla Corte di Appello di Salerno, formulando una serie di eccezioni e violazioni di leggi.
Neppure il secondo processo, quello di Appello, lo vide pianamente scagionato. La Corte, infatti, riconobbe che i reati contestati al 63enne erano ormai caduti in prescrizioni, ma non cancellò la parte delle sanzioni. Ed è su questo punto che l’impiegato si è appellato, in ultima istanza, ai giudici della Suprema corte. Tre giudizi definiti che non hanno cancellato, a quanto pare, le sue responsabilità civili, soprattutto in merito ai danni morali che, la sua condotta, prescritta in sede penale, ha provocato in termini di danni alla ditta esclusa. Risarcimento che l’imputato non intendeva pagare e, a tal proposito, aveva articolato un ricorso su nove punti che sono stati tutti rigettati dagli ermellini perché infondate o generiche o inammissibili. Ora la Cassazione (Sesta sezione penale, presidente Giorgio Fidelbo) ha pubblicato le motivazioni della sentenza con la quale ha respinto il ricorso.
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