Campania, maglia nera del turismo balneare. Anche a Marina di Camerota i segni del degrado e dell’inquinamento.
| di Vincenzo Di Santo Verrebbe da dire che la notizia più importante che emerge da uno studio che parla del territorio campano è l’assoluto silenzio, quell’atteggiamento omertoso che fa tacere rispetto a quanto viene eseguito sotto gli occhi di tutti ai danni dell’ambiente e dei cittadini che lo vivono.
I risultati del rapporto "Acque di balneazione 2009", diffuso sul sito del Ministero della Salute, evidenziano che dei 5175 chilometri di costa sottoposti a controllo sui 7375 chilometri di costa italiana, ben 4969 sono balneabili, pari al 96%. I restanti 2200 chilometri non sono considerati tali perché inaccessibili al monitoraggio o perché porti o foci di fiumi.
La regione Campania, (80,8% della balneabilità) che tra le sue province annovera Caserta con solo il 34,1% di coste balneabili, ha il numero più basso in tutta Italia. Il risultato del rapporto è in larghissima parte dovuto ad inquinanti biologici: i coliformi (totali e fecali), gli streptococchi e le salmonelle motivano l’84% delle interdizioni alla balneazione, mentre la restante parte è dovuta ad inquinamento chimico e fisico.
A questo si aggiunga che ancora oggi molti campeggi e villaggi turistici usano scarichi non consentiti dalle normative ambientali vigenti, inoltre, molti di essi addirittura non hanno un servizio di depurazione adeguato a dispetto dei servizi e dei controlli che i Comuni non eseguono o non segnalano. Certo, il rapporto descrive uno scenario i cui confini sono ben più vasti del piccolo territorio di Marina di Camerota, tuttavia alcune abitudini ripetute nel tempo (testimoniate anche dalle foto qui pubblicate) sotto l’ombrello protettivo dell’omertà e della responsabilità del “non vedo, non sento e non parlo di molti”, lascerebbero pensare che, oltre alla maglia nera, si possa aggiungere una lista nera di operatori che, in barba ad ogni limite di tutela ambientale, operano speculando sull’ambiente al fine solo dei propri interessi di profitto.
Questo accade a pochi metri dalle case e accade senza che se ne renda nota la gravità. Questo viene protetto dalla retorica dello “stiamoci tutti zitti perchè bisogna superare l’estate e non bisogna fare sapere, altrimenti i turisti non ci vengono più” e questo vale presumibilmente a superare la contingenza. Ma il problema è un altro: di questo passo invece di superare la contingenza, all’improvviso occorrerà affrontare una crisi ben più profonda dettata dall’immagine che una località turistica si è data dopo che i nodi arriveranno al pettine. A quel punto a cosa servirà il silenzio?
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