Uccide la moglie, affida figlia al collega e si suicida: cosa è emerso dalle indagini
| di RedazioneAncora un femminicidio. Ieri mattina a Rivoli, alle porte di Torino, dove un operaio di 36 anni ha ucciso la convivente di 32 anni, tagliandole la gola con un coltello da cucina, davanti alla figlia di soli 3 anni, per poi togliersi la vita lanciandosi dall’alto di un silos, nell’azienda in cui lavorava, a Orbassano, a meno di una decina di chilometri di distanza.
È accaduto poco dopo le 6, in un appartamento al piano rialzato di una palazzina alla periferia della cittadina dell’area metropolitana, dove la coppia, di origini campane – entrambi nel Salernitano, ledi di Nocera Inferore, lui originariodi Pagani – viveva in affitto da alcuni anni.
Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, l’uomo ha assassinato la donna, che lavorava come bidella in un istituto superiore, poi ha preso con sé la bambina ed è andato a lavorare verso le 6.45. Lì, alla Massifond, che opera nell’indotto dell’automotive, ha affidato la piccolina a un collega: “Tienila per cinque minuti”, gli avrebbe detto, per poi salire suo uno dei due silos della fonderia e lanciarsi nel vuoto, non visto. I colleghi, non vedendolo tornare da dietro la fabbrica, in un primo momento hanno pensato fosse andato via. Poi si sono accorti del suicidio e hanno chiamato i soccorsi, ma era morto sul colpo.
I carabinieri intanto avevano già trovato il cadavere della donna nel soggiorno di casa, in una pozza di sangue. Prima di uscire di casa infatti l’uomo aveva telefonato alla madre, che vive in Campania, raccontandole di avere accoltellato la compagna. Da là lei aveva chiamato i carabinieri. Ma anche l’assassino aveva già confessato ai militari, prima di buttarsi dal silos. Aveva avvisato il 112: “Ho ucciso mia moglie, ora mi ammazzo”. La piccola a quel punto è stata accompagnata all’ospedale infantile di Torino, il Regina Margherita, per degli accertamenti sulle condizioni di salute ed è stata raggiunta da un parente arrivato apposta da Milano.
Il 36enne, ex militare, aveva alle spalle dei precedenti legati a una vicenda di stupefacenti, che negli anni scorsi lo avevano portato agli arresti domiciliari e all’affidamento in prova per circa un anno. “Era una famiglia unita. Lui era uno sportivo, sempre in palestra, molto generoso. Quando è venuto a lavorare qui dopo il congedo ci ha portato in regalo le magliette dell’Esercito – raccontano increduli i colleghi di lui -. È impensabile quello che è accaduto. Era una bella persona”. “Nell’ultima settimana aveva fatto sempre il turno di notte”, aggiunge un altro dipendente, che ricorda anche la moglie: “L’abbiamo vista con la bambina fuori sul piazzale un paio di volte. Lui e lei si baciavano e abbracciavano”. L’unica cosa che avevano notato era l’ansia che da alcuni giorni affliggeva l’operaio, preoccupato per il cambio dei turni. E proprio per una crisi di ansia si era recato giovedì scorso, sempre secondo i colleghi, in pronto soccorso.
Nella palazzina in stile Anni Settanta dove viveva la coppia i vicini raccontano di litigi ordinari, quelli di chiunque. Solo qualcuno dice di recenti scenate di gelosia da parte dell’uomo. Una testimone racconta dell’ultima sfuriata a cui aveva assistito, avvenuta in strada, proprio davanti al portone di casa, pochi giorni fa, giovedì. “Era arrabbiato perché lei non gli aveva risposto al telefono e le ha strappato il cellulare dalle mani in malo modo, per controllarlo – racconta, mentre a stento riesce a trattenere le lacrime -. Continuava a urlare mentre lei stringeva forte in braccio la bambina”. Racconti che stonano con la foto di lui e lei sorridenti e abbracciati pubblicate su Instagram e con i racconti dei colleghi di lavoro di lui. Nessuna denuncia però per violenze domestiche o altro legato alla vita familiare risulta essere stata presentata alle forze dell’ordine.
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