Un piano dinamitardo contro Franco Alfieri: nel blitz sequestrato un kalashnikov e un mitra Uzi
| di Luigi Martino
Un attentato esplosivo, pianificato nei minimi dettagli, avrebbe dovuto colpire l’ex sindaco di Capaccio Paestum, Francesco Alfieri. A orchestrarlo, secondo gli inquirenti, sarebbe stato Roberto Squecco, pregiudicato ritenuto vicino al clan Marandino. L’operazione è stata sventata dalle indagini della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) di Salerno, che questa mattina ha fatto scattare dieci arresti tra Campania, Abruzzo e Umbria. Gli indagati sono accusati di tentato omicidio, scambio elettorale politico-mafioso, estorsione e detenzione di armi da guerra.
Il piano: esplosivi e armi da guerra
Secondo quanto emerso dalle intercettazioni e dalle indagini, l’attentato sarebbe stato studiato nei minimi dettagli. Dopo la demolizione parziale del Lido Kennedy – stabilimento balneare che Squecco avrebbe voluto mantenere sotto il suo controllo grazie a un presunto patto politico-mafioso con Alfieri – il boss avrebbe deciso di vendicarsi. Per farlo, avrebbe coinvolto tre uomini di Baronissi: Antonio Cosentino, Domenico De Cesare e Angelo Genovese, i primi due già noti alle forze dell’ordine.
Il gruppo avrebbe effettuato diversi sopralluoghi, studiato mappe e discusso modalità operative per colpire Alfieri. L’obiettivo era far saltare in aria il sindaco dimissionario con un ordigno. Tuttavia, il piano non sarebbe andato in porto a causa di un mancato accordo tra i criminali coinvolti.
Minacce e intimidazioni prima del piano esplosivo
Le tensioni tra Alfieri e Squecco erano iniziate proprio con la demolizione del Lido Kennedy, struttura già sequestrata dalla magistratura. Quando il sindaco decise di abbattere parte dell’edificio, reso pericoloso da un evento naturale, Squecco si sarebbe sentito tradito e avrebbe reagito con una serie di minacce.
A veicolare i messaggi intimidatori sarebbero stati Antonio Bernardi, agente della polizia locale di Capaccio Paestum, e Michele Pecora, dipendente dell’ufficio cimiteriale. Entrambi, ritenuti vicini a Squecco, avrebbero fatto pressioni sull’allora assessore alle politiche sociali, Mariarosaria Picariello, affinché riferisse ad Alfieri le minacce.
Il tentato omicidio tra clan rivali
L’inchiesta ha portato alla luce anche un altro episodio di sangue. Domenico De Cesare è accusato del tentato omicidio di Angelo Genovese, esponente criminale di Baronissi. Il movente sarebbe legato a una tentata estorsione subita dallo stesso De Cesare.
Oltre agli arresti, le indagini hanno permesso di sequestrare un arsenale di armi, tra cui un mitra Uzi e un kalashnikov, a conferma della pericolosità del gruppo criminale coinvolto.
Le accuse mosse agli indagati dovranno ora essere vagliate nelle successive fasi processuali.
©Riproduzione riservata