Vallo della Lucania, il destino del pino secolare

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Vallo della Lucania, il destino del pino secolare

Caro Pino,

Ti scrivo come se fossi una persona, tanta è l’attenzione e l’interesse suscitato circa il tuo destino.

Anche io appartengo alla schiera di quelli che ti amano e ti hanno sempre difeso. Però mi perdonerai se dico che la vita di un essere umano vale più di quella di una pianta, seppure bella e maestosa come te.
Questi sono tempi difficili, dove parlano tutti, anche quelli che non hanno competenza e, soprattutto, quelli che non hanno responsabilità pubbliche sulla sicurezza dei cittadini.

Non oso immaginare se i tuoi fratelli alberi, caduti per le raffiche di vento, avessero fatto delle vittime, quanti oggi parlerebbero per salvarti. Penso nessuno.

Non riesco a fare previsioni circa il tuo destino, se verrai immolato per garantire la messa in sicurezza di un pubblica via, notoriamente pericolosa per i pedoni, finalmente dotata di un marciapiede.

Di una cosa sono certo: hai svegliato quella coscienza critica collettiva, non sempre immacolata e spesso assente dai grandi temi urbanistici ed ambientali.

Com’è possibile che solo nel 2025 ci si indigni per un albero da tagliare, dopo le stragi di ulivi secolari perpetrati da speculatori edilizi senza anima, con la firma di illustri studi tecnici e l’avallo di tanti amministratori pubblici?
Quasi come se ci fosse una gerarchia tra pini, ulivi e querce?
Sarebbe bello scorrere la composizione dei consigli comunali dagli anni ’60 in poi, mettendola a confronto con le articolazioni politiche, imprenditoriali e professionali ancora in auge, dall’evidente sapore familistico ed in perfetta continuità storica.

Sono state distrutte ville, case gentilizie, giardini, orti murati, agrumeti in nome di una edilizia orrenda. Sulla base di capricci togati sono state approvate varianti urbanistiche per spostare un tribunale. Per costruire dei supermercati sono state fatte varianti ad personam, come pure per trasformare alberghi in civili abitazioni, finanche utilizzando le aree PIP per realizzare l’edilizia scolastica, forse capendo prima degli altri che con la cultura si mangia???

Per non parlare degli innumerevoli errori urbanistici, come costruire un ospedale su di un vallone a ridosso di un fiume, in un’area un tempo chiamata “il fango” per la sua instabilità geologica, che ebbe sfogo e vendetta nel crollo della chiesa in via Croce.
Per non parlare di una viabilità astrusa, che non agevola l’accessibilità negli uffici pubblici, degli studenti con gli autobus, dell’assenza di marciapiedi e della mancata rimozione di barriere architettoniche.
Che dire poi delle serpentine a zig zag per non espropriare il potente di turno?
Come sono stati spesi gli oneri di urbanizzazione, ammesso che sia stati versati tutti, negli anni del sacco edilizio?

Che strano poi osservare come certa intellighenzia abbia osteggiato l’unica infrastruttura sensata dal dopoguerra ad oggi, l’ex Variante oggi via Angelo Rubino dal nome del parlamentare che la sostenne, punito poi nelle urne da un elettorato che temeva la perdita di flussi nel centro storico.

Questo posto ha visto nascere e crescere persone illuminate che hanno dato lustro alla scienza, alla medicina, al diritto, alla cultura, personalità di rilievo nella magistratura, nelle università, manager, diplomatici, banchieri, industriali.
In nome di una antica vocazione amministrativa e per una centralità geografica rispetto ad un territorio vasto, ha dei presidi di fondamentale importanza per il Cilento: scuole, tribunale, ospedale, Parco nazionale, uffici finanziari, costituiscono gli organi vitali di un corpo sociale ed economico di tutto rispetto.
Eppure rimane ostaggio dal complesso del paesello, di forti contrapposizioni su aspetti particolari, perdendo di vista le questioni generali di largo respiro, quelle che poi ci hanno condannato ad un lento ed inesorabile declino demografico e sociale.
Così inebriati dalle pigne da non vedere i tanti disastri perpetrati e quelli ancora in corso.

Caro Pino concludo ringraziandoti per averci svegliato dal lungo sonno, che non è quello dei giusti. Per averci regalato un momento di vitalità, qualunque sia il tuo destino.
Tuo malgrado sei diventato un simbolo, la tua mole e la tua bellezza sono la metafora perfetta di questa comunità, maestosa e statica come te, condannata comunque ad una morte certa, per legge naturale o per ordinanza comunale, salvo ricorsi ed esposti vari.

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