Altri mondi sono impossibili
| di Roberto De LucaContravvennendo alle leggi della fisica, un corpo potrebbe mai salire su di un’altura senza l’ausilio di una forza, a esso applicata, che possa vincere l’attrazione gravitazionale? No, risponderemmo sicuri: queste cose non accadono nel nostro mondo, cosicché dovremmo ipotizzare l’esistenza di altri mondi, se volessimo davvero credere a certi fenomeni. Come pure, se un fatto esiste nella vallata e se ne racconta un altro, d’importanza alquanto improbabile, facendo credere che tutta la vita dei cittadini del Vallo di Diano stia ruotando attorno a questo evento, forse si intende parlare di un’altra vallata, di un altro Vallo di Diano?
Esistono ragioni imperscrutabili per le quali una persona o un gruppo di persone intendono occultare o alterare la realtà di alcuni fatti, raccontandone a volte altri. Ad esempio, mi è capitato di interessarmi della questione della vendita dei loculi nel cimitero di Sala Consilina: dal punto di vista umano questa è una vicenda davvero poco edificante. Mi si dice che è possibile che il fenomeno sia esteso anche ad altri Comuni e che spesso succede che qualcuno acquisti loculi per rivenderli al momento del bisogno altrui (ovvero in occasione dei decessi di un caro di una persona ignara, che non è conscia – soprattutto nel momento del dolore – del fatto che le norme non prevedono acquisti da privati non autorizzati dal Comune). A Sala Consilina è successo proprio questo, nell’indifferenza del clero, che non osa, nemmeno dal pulpito domenicale, far sentire una voce di condanna per queste azioni. Forse che sia stato contestualizzato anche questo esecrabile mercimonio, oltre alle bestemmie e a certe pratiche dal nome esoterico? La classe intellettuale, troppo presa a spulciare tra gli interessi della botteguccia ritagliata ai margini di un’associazione culturale o di una fondazione di qualsiasi fatta, si guarda bene dal destare l’ira dei potenti. La pseudo-politica, avvezza ad assecondare qualsiasi ignominia pur di fare affari, troverà certamente la cosa di poco conto. I cittadini, infine, ormai assuefatti anche a notizie che parlano di asportazioni di organi sani, dell’uccisione a freddo di un testimone di un assassinio per mezzo delle squadre di fuoco della camorra, o della vessazione masochistica della ‘ndrangheta a danno degli extracomunitari, forse non hanno nemmeno più la forza di indignarsi. E la stampa locale, tuttavia, tace su questi fatti gravi, mentre si dilunga su racconti dettagliati di convegni di dubbio interesse sociale e culturale. E’ un gioco ormai arcinoto: non creo dibattito su di un tema scomodo, per farlo scomparire, mentre mi concentro sulla commemorazione del potere, imbavagliando le voci critiche. Si usava così nel ventennio, dopotutto. Successe così anche con la questione dei rifiuti tossici. A un curioso che chiedeva a un politico locale perché non intervenisse sul tema, quest’ultimo rispose che il fenomeno avrebbe fatto notizia per qualche giorno e poi sarebbe stato cancellato dalla memoria dei cittadini. Peccato che i rifiuti tossici siano ancora sotterrati chissà dove; peccato che nessuno pensi a bonificare i terreni, nononstante gli inviti della Procura di Santa Maria Capua Vetere; peccato, infine, che la natura non dimentichi i delitti dell’uomo contro l’ambiente, rendendo a questi il pari a tempo debito. L’importante, in tutto questo, è che le voci critiche vengano fatte stare zitte e, qualora si facciano proprio sentire, è necessario che ad esse venga messo un bel silenziatore mediatico.
Ma una società che arriva a pensare che il danaro possa diventare la misura di tutte le cose e che le regole più elementari del vivere civile possano essere progressivamente abbandonate per lasciare il passo agli interessi personali è una società che non ha futuro. Dobbiamo riprenderci, allora, il diritto all’informazione fatta non da gruppi di potere locale o da asserviti sedicenti giornalisti, ma da cronisti che siano, innanzitutto, cittadini come noi. Dobbiamo riprenderci il diritto alla salute, senza aspettarcelo dai politicanti corrotti e screditati delle “protesi fetenti”. Dobbiamo riprenderci il diritto alla dignità sul posto di lavoro, ai rapporti corretti tra utenti (la stragrande maggioranza di noi) e i fornitori di beni, senza accettare più sevizie al posto di servizi. Infine, dobbiamo riprenderci il diritto rivoluzionario alla verità, ridendo finalmente in faccia a chi vorrebbe farci credere che le iniziative culturali sporadiche che vengono prese in questi posti marginali (e marginalizzati anche dall’assenza di un servizio di trasporto pubblico su ferro per via della chiusura al traffico della Sicignano-Lagonegro da oltre un ventennio) non abbiano nulla da invidiare a quelle di cui stabilmente gode un cittadino di Roma. Chiamiamo perciò usura l’usura, ridicolo il ridicolo e falso il falso, se necessario. Solo così potremo uscire da questi tempi bui, dove al deteriorarsi delle condizioni di vita di una vastissima fetta della società corrisponde un netto incremento dei privilegi di una parte sempre più ristretta di persone che, nonostante la crisi economica imperversante, continua a speculare sulle spalle della povera gente. E mentre le difficoltà per le classe svantaggiate crescono, tanto che nelle campagne elettorali è tornata di moda la distribuzione di beni di prima necessità di Lauriana memoria, la classe dirigente – troppo distratta dai soliti interessi – non è più in grado di pensare a quali possano essere le misure da adottare, qui e adesso, per alleviare a tutti noi ma, soprattutto, alle classi sociali più deboli la fatica di vivere in questi orribili interminabili anni di decadenza sociale e culturale.
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