Vassallo, il verbale segreto: «Ucciso per aver scoperto un fatto preciso: ecco quale»
| di Luigi Martino
Emergono nuovi dettagli sul tragico omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco pescatore ucciso con nove colpi di pistola il 5 settembre 2010. A distanza di oltre un decennio, le dichiarazioni di Romolo Ridosso, collaboratore di giustizia e uno dei quattro arrestati dalla DDA di Salerno, gettano luce su moventi inediti e inquietanti.
Il furto e la vendetta
Secondo quanto riportato in un verbale dell’11 novembre, Ridosso ha accusato Giuseppe Cipriano, imprenditore e gestore di cinema, di essere tra i mandanti del delitto, insieme al brigadiere dei carabinieri Lazzaro Cioffi. Il motivo principale, stando alle dichiarazioni, sarebbe stato un furto commesso da un collaboratore di Cipriano, identificato come G.S., nella proprietà della famiglia Vassallo. Il sindaco avrebbe scoperto il furto, scatenando la reazione di Cipriano.
Ma il furto non sarebbe stato l’unico motivo. Ridosso ha parlato anche di un conflitto riguardante i lavori di pavimentazione del porto di Acciaroli, che Vassallo avrebbe negato a un cugino di Cipriano, Raffaele Maurelli, già indagato nel caso e successivamente deceduto. A completare il quadro, l’accusa secondo cui Vassallo stava diventando un ostacolo agli interessi del gruppo: “Era entrato troppo nei nostri fatti”, avrebbe detto Cipriano.
Un piano studiato nei dettagli
Le dichiarazioni di Ridosso rivelano un agguato premeditato. Due giorni prima dell’omicidio, lo stesso Ridosso, insieme a Cipriano e al figlio Salvatore, avrebbe effettuato un sopralluogo ad Acciaroli per verificare l’assenza di telecamere nella zona designata per l’agguato. “Non mi chiesero nulla, ma capii il motivo del viaggio”, ha raccontato Ridosso.
Nonostante il collaboratore affermi di non aver partecipato direttamente all’esecuzione, ha confessato di aver appreso del delitto solo tramite il telegiornale e di essere stato minacciato successivamente da Cipriano e Cioffi: “Mi dissero di non dire nulla, altrimenti avrebbero ucciso i miei familiari”.
Le ombre del traffico di droga
Accanto alle motivazioni di natura personale, riaffiorano le ombre del narcotraffico. Ridosso ha confermato che Cipriano e Maurelli gestivano traffici illeciti legati al porto di Acciaroli, attività che Vassallo avrebbe scoperto poco prima della sua morte. Tuttavia, nelle sue dichiarazioni, Ridosso si è mostrato vago: “Sapevo del traffico di droga, ma Cipriano non mi ha mai specificato se il delitto fosse legato a questo”.
La confessione e le contraddizioni
Il collaboratore ha inoltre rievocato una frase intercettata dai carabinieri che sembrava una mezza ammissione di colpa: “Si sono fatti il sindaco pescatore”. Tuttavia, Ridosso ha negato ogni coinvolgimento diretto nell’omicidio, spiegando che la frase non si riferiva a sé stesso.
Nonostante alcune incongruenze, le sue dichiarazioni hanno riacceso i riflettori su un caso che ha sconvolto il Cilento e l’Italia intera, offrendo nuovi spunti investigativi e sollevando ulteriori interrogativi sulla rete di complicità che ha portato alla morte di Angelo Vassallo.
Prossimi sviluppi
Il verbale delle dichiarazioni di Ridosso è stato depositato agli atti in vista dell’udienza del Tribunale del Riesame, prevista per il 25 novembre. Restano ora da chiarire le responsabilità dei principali indagati e il ruolo delle forze dell’ordine infedeli coinvolte nella vicenda.
L’assassinio del sindaco pescatore continua a essere una ferita aperta per il Cilento, un simbolo della lotta alla criminalità che attende ancora giustizia.
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