Vincoli e restrizioni, ecco perchè i Comuni vogliono abbandonare il Parco
| di Luigi MartinoIl Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni è stato istituito nel 1991 con la Legge 394 del 6 dicembre del 1991 mentre l’Ente gestore è stato istituito con Dpr del 5 giugno 1995. L’area naturale protetta misura circa 181mila ettari ed include i territori di otto Comunità montane e 80 Comuni. Il comune più piccolo è Serramezzana e il più grande Capaccio Paestum. Dal 1998 è stato dichiarato Patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Numerosi sono i vincoli e le restrizioni che gli 80 comuni che rientrano nell’area del Parco devono rispettare. Il Piano del Parco suddivide il territorio del Parco in zone a diverso grado di tutela e protezione. Quattro sono le categorie generali: zone A, di riserva integrale; zone B, di riserva generale orientata; zone C, di protezione; zone D, di promozione economica e sociale. Nelle zona A la fruizione ha carattere esclusivamente naturalistico, scientifico, didattico e culturale, e gli interventi sono conservativi. Nella zona B, di riserva orientata, gli usi e le attività hanno carattere naturalistico, e comprendono la fruizione che, oltre agli scopi naturalistici, scientifici e didattici, può avere carattere sportivo o ricreativo (che non richiedono l’uso di motori o mezzi meccanici o attrezzature fisse). Sono ammesse le attività agricole tradizionali e di pascolo brado. Nella zona C, di protezione, gli interventi tendono alla manutenzione e riqualificazione del territorio agricolo e del patrimonio edilizio, al recupero delle aree degradate e alla conservazione delle risorse naturali. La zona D è l’unica dove è possibile operare con maggiore libertà ma sempre nel rispetto della flora e della fauna.
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