Violenza donne, sospeso Cav Vallo della Lucania: «Nessuna motivazione»
| di Luigi Martinodi Luigi Martino
Il centro antiviolenza ‘Il Volo delle Farfalle‘ del piano sociale di zona S8 di Vallo della Lucania (che comprende un ambito di 37 comuni, ndr) attivo dal 2017 in Campania con tre sportelli (Vallo, Agropoli e Santa Maria di Castellabate) è stato sospeso e l’equipe completamente sostituita. A denunciare all’agenzia di stampa Dire «le modalità improvvise e immotivate» della sospensione, «che non hanno tenuto conto del rispetto delle donne prese in carico», è Marta Monzo, ex coordinatrice del centro gestito fino al 31 dicembre da un’equipe di 13 operatrici (coordinatrice, quattro psicologhe, tre assistenti sociali, due consulenti legali, tre sociologhe), completamente sostituita da «figure professionali del segretariato sociale», deputate, tra l’altro, «a prendere in carico anche i maltrattanti».
«Sapevamo che il 31 dicembre andavamo a scadenza, ma vedendo che non arrivavano notizie pensavamo di essere in proroga, com’è successo lo scorso anno – spiega Monzo, che fa parte di Reama-Rete per l’Empowerment e l’Auto Mutuo Aiuto come altre operatrici del centro -. Improvvisamente abbiamo dovuto abbandonare donne che abbiamo accompagnato alla denuncia, il 23 e il 26 dicembre ne erano state accolte due, il 2 gennaio avevamo un caso delicatissimo da seguire e abbiamo dovuto lasciarlo perchè non avevamo più la titolarità». La vicenda ha suscitato la reazione dell’opinione pubblica del Cilento, «dove abbiamo portato avanti in questi anni un forte lavoro di prevenzione e sensibilizzazione». Comune per Comune, all’interno dell’ambito, «abbiamo organizzato convegni e incontri, parlando anche a cinque persone alla volta, con i sindaci accanto a noi, inaugurando panchine rosse. All’inizio c’è stata una resistenza, ma piano piano abbiamo cambiato la cultura del territorio, coinvolgendo anche gli studenti – 4mila quelli incontrati in due anni – e arrivando nel focus group istituzionale del progetto ViVa-Monitoraggio, Valutazione e Analisi degli interventi di prevenzione e contrasto alla violenza contro le donne del Cnr».
Un lavoro infaticabile, quello dello operatrici, svolto «h24, compresi i festivi, che ci ha permesso di dare risposte tempestive» e di «costruire importanti sinergie», come quella realizzata grazie al «Protocollo d’Intesa siglato nel maggio del 2018 con la procura di Vallo, il Tribunale, la Asl di Salerno (ospedale e distretto sanitario di Vallo e nosocomio di Agropoli), il patrocinio della Regione e la sigla del sindaco di Vallo, Comune capofila».
Non era una questione di reperimento di fondi, per Monzo, «perchè erano in arrivo, come aveva dichiarato anche un assessore regionale». Il servizio nel 2019 «è costato all’ente 93mila euro per dieci mesi di lavoro, le restanti due mensilità sono state coperte da lavoro volontario e gratuito, chiesto dalle stesse operatrici in seguito ad una sospensione del gennaio 2018 – giustificata come assenza di fondi – per dare continuità alle attività in corso». In più, della sospensione, decisa «dall’ufficio di piano, il coordinamento istituzionale non era stato avvertito» e solo «dopo che l’opinione pubblica si e’ sollevata è stata formata una nuova equipe per il centro antiviolenza, che pero’ lavora anche con i maltrattanti». Un aspetto che “crea un condizionamento fortissimo e può inficiare la valutazione della violenza subita dalla donna». Quando si lavora su entrambe le figure, infatti, «si tende a metterle l’una a fianco all’altra – spiega Monzo – ma la Convenzione di Istanbul dice chiaramente che nei centri antiviolenza non si può fare mediazione».
«Non è stata data alcuna motivazione valida per la chiusura di questo centro antiviolenza dove le operatrici svolgono una funzione fondamentale per le donne vittime di violenza di questa zona d’Italia – commenta Simona Lanzoni, vicepresidente di Pangea e coordinatrice di Reama -. La Convenzione di Istanbul da’ centralità ai centri antiviolenza specializzati e non capiamo come si possa giustificare la sostituzione di questa esperienza importante con altre equipe che non hanno un curriculum equivalente. Qualche giorno fa è uscito il rapporto Grevio – aggiunge – A maggior ragione si riconferma la centralità di esperienze consolidate nel tempo che non possono essere cancellate con un colpo di pugna».
Dal canto loro, le ex operatrici del centro promettono che andranno avanti: «Non lasceremo sole le donne, la nostra esperienza non finisce qui – conclude Monzo – Abbiamo creduto in quello che abbiamo fatto, abbiamo sposato questa causa. Per non far perdere il posto di lavoro a qualcuna di noi lo scorso anno ci siamo fatte tutte decurtare gli stipendi. Andremo avanti».
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