Voto di scambio, le intercettazioni: «Quando vai a parlare con mela annurca stai attento»
| di Luigi Martino
«Antò, quando vai a parlare con Mela Annurca, stai attento!». E’ una frase contenuta nelle intercettazioni trascritte nell’ordinanza d’arresto di 150 pagine firmata dal giudice Annamaria Ferraiolo che ieri mattina, all’alba, ha portato al fermo di dieci persone nella zona dell’alto Cilento e in altre zone d’Italia. Tra questi nomi figura quello di Franco Alfieri, ex sindaco di Capaccio Paestum ed ex presidente della Provincia di Salerno, già ai domiciliari per un’inchiesta su presunti appalti truccati scoppiata l’autunno scorso. ‘Mela Annurca’ è il soprannome che gli era stato affibbiato, per via delle guance sempre rosse. Ed è lo stesso pseudonimo utilizzato per tentare di eludere le intercettazioni. A pronunciare quella frase è Michele Pecora che si rivolge ad Antonio Bernardi, entrambi indagati. Al centro della vicenda c’è l’abbattimento del lido Kennedy. Roberto Squecco ne parla in carcere con la figlia, durante un colloquio: «Il lido, il necessario è che ve lo prendete. Devi gareggiare e prendertelo».
Il lido Kennedy nel mirino di Squecco
In un’altra intercettazione tra Michele Pecora e Antonio Bernardi, che conversano con l’assessore comunale Maria Rosaria Picariello, si percepisce il tenore dello scambio di vedute e, soprattutto, fin dove si spingono gli indagati. Secondo l’assessore Picacariello: «Alfieri il lido non lo vuole dare a nessuno, là vuole fare una cosa come associazione». Bernardi, poi, riporta ciò che gli avrebbe chiesto Squecco: «Roberto da quando è uscito…domandate a Franco Alfieri dove vuole fare la guerra, ha detto: “io adesso ho finito”». E ancora, sempre Bernardi: «…poi Franco Alfieri può andare nella caserma a Capaccio, alla Pisacane a Salerno, può andare dove vuole…Roberto Squecco è pulito! Roberto Squecco lo porta finito!».
Il 14 marzo 2023 alle 20:26 Michele Pecora è in auto con Antonio Bernardi. Antonio riferisce a Michele il contenuto della conversazione con Maria Rosaria Picariello circa il messaggio inviato ad Alfieri che «se vuole fare la guerra con Roberto… quest’ultimo “l’amico mio” dispone delle armi delle munizioni a sufficienza per distruggere la Russia».

L’abbattimento e l’ira di Squecco
I giorni passano e non si arriva a capo della questione. Il bando non c’è, anzi, i lavori di abbattimento del lido Kennedy partono. All’apertura del cantiere c’è anche Franco Alfieri. Allora Squecco alza l’asticella ed esterna propositi estremamente violenti proponendosi addirittura, una volta rientrato sul territorio, perché intanto è ristretto in semilibertà a Terni, di «uccidere», «scannare» e «trascinare legato ad una macchina» Franco Alfieri. Gli inquirenti infatti attraverso intercettazioni ambientali nella casa di Squecco in Umbria, riescono a catturare questo stralcio: «Lo scanno…lo scanno a Franco Alfieri, lo scanno, lo scanno. Lo porto dietro ad una macchina…lo attacco dietro una macchina». Poi continua: «Lo devo uccidere, devo andare in galera ma lo devo uccidere». Al minuto 10.40 del nastro Squecco dice: «Lo devo fare fuori, vedi quanto sangue mi sta facendo buttare questo bastardo».
Il piano per colpire Alfieri
Roberto Squecco passa dalle parole ai fatti. Contatta un operaio rumeno e gli dice al telefono che avrebbe bisogno di tre persone perchè «se mi trattano con il prezzo e fanno una cosa fatta bene, io ho cinque sei servizi da fare! Purtroppo mi devo togliere un po’ di…». Poi le voci si sovrappongono e la trascrizione non è possibile. Però la pista del «gancio» rumeno sfuma. Squecco abbandona quel contatto e tenta di prendere accordi con i pregiudicati di Baronissi Antonio Cosentino e Domenico De Cesare. Squecco li incontra a Capaccio, a novembre del 2023. «Io a questo signore l’ho fatto eleggere, io l’ho portato qua. Aveva fallito ad Agropoli. Io l’ho preso da là e l’ho portato qua» dice Squecco a Cosentino. Poi continua: «Io sono più contento con un segnale che neanche a picchiarlo. Oppure andiamogli a mettere un casatiello. Ti faccio vedere che combino là a terra. Deve buttarsi in ginocchio. Deve venire qua a dirmi “Robè ma che mi sta succedendo”». Secondo gli inquirenti Squecco con «casatiello» intende un «ordigno» da piazzare probabilmente sotto l’auto del sindaco.
Cosentino ha paura di fare troppo rumore e, come se immaginasse già l’epilogo, afferma: «Poi viene la Dia qua». Però a Vincenzo De Cesare viene un’altra idea: «Diamogli una coltellata. Facciamo una cosa eclatante. Una cosa che deve rimanere nella storia. Altrimenti come li prendiamo qua i punteggi?». Però De Cesare rimette la conversazione sui binari iniziali: «Prendiamo una cipolla. Come quella che buttò le vetrine in aria». Squecco: «Quello lascia la macchina alla pompa di benzina quando vai ad Agropoli. Sempre la sera lo dobbiamo fare, col buio. Ha una Mercedes GLA». De Cesare chiede: «Ma dove abita lui?» Squecco risponde: «A Torchiara». E De Cesare: «E andiamo là dove sta di casa. E’ lontano? Torchiara dov’è?». Squecco da’ indicazioni perchè non si può muovere da Capaccio per accompagnarli, a causa della misura cautelare: «Allora a Torchiara, arrivati a Sant’Antuono…il fratello tiene tutti i pali di illuminazione fuori alla porta e lui abita là. Impianti elettrici Alfieri».
Nei giorni successivi, proseguono i sopralluoghi. Squecco e De Cesare vanno anche a fotografare la targa dell’auto di Alfieri parcheggiata nell’area di servizio. Il piano, tuttavia, non viene portato a termine, probabilmente a causa di un mancato accordo economico tra Squecco e i pregiudicati di Baronissi.
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