Yele, inchiesta ‘Piazza pulita’: buco da 30 milioni e 45 ipotesi di reato

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Yele, inchiesta ‘Piazza pulita’: buco da 30 milioni e 45 ipotesi di reato

di Luigi Martino

Il fallimento della Yele spa, società che per anni ha gestito la raccolta e lo smaltimento di rifiuti in diversi Comuni del Cilento, è finito sotto la lente di ingrandimento della procura di Vallo della Lucania e della guardia di Finanza. Nel registro degli indagati ci sono trascritti i nomi di 29 tra amministratori, consulenti e componenti degli organi di vigilanza. Le ipotesi di reato vanno dalla bancarotta fraudolenta alla frode fiscale e al peculato. Gli inquirenti hanno disposto il sequestro preventivo di beni per oltre 20 milioni di euro. Andiamo ai fatti.

Il blitz
L’operazione ‘Piazza Pulita’ svolta nei giorni scorsi dalla guardia di Finanza della tenenza di Vallo della Lucania e coordinata dalla procura, ha fatto luce sul fallimento della ‘Yele spa’, società pubblica tra le più importanti della Campania nel settore della gestione dei rifiuti. La spa, secondo quanto raccolto dagli investigatori nelle indagini, avrebbe creato un «buco di oltre 30 milioni di euro nei bilanci, con grave pregiudizio per i creditori e l’erario». In tutto sono 29 gli indagati e 45 le ipotesi di reato contestate.

La storia
A distanza di anni, è così stata disvelata la difficile situazione economica della società consortile, costituita nel 1998 per svolgere il servizio di igiene urbana in 49 comuni del basso Cilento. Più dell’80% del capitale sociale della Yele era infatti detenuto dal Corisa4, consorzio nato per fronteggiare l’emergenza rifiuti in Campania. Per vent’anni l’azienda curato, direttamente o tramite cooperative da esso organizzate e coordinate, la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti in un territorio di 1352 km², diventando una delle realtà lavorative di maggior rilievo nel salernitano, tanto che, tra il 2010 ed i primi mesi del 2017, vantava un organico di 263 unità, tra personale amministrativo e addetti all’attività di raccolta dei rifiuti.

Già a partire dal 2013, però, avevo iniziato a registrare un sensibile aumento dell’esposizione debitoria, in gran parte determinato dalla mancata riscossione, mediante adeguate azioni esecutive, dei crediti – divenuti poi inesigibili – nei confronti dei comuni fruitori del servizio di nettezza urbana. Indebitamento, questo, destinato a riflettersi anche nei confronti dell’amministrazione finanziaria, a causa delle ricorrenti omissioni sia nel versamento delle imposte dovute sia delle previste ritenute (d’acconto, provvidenziali ed assistenziali).

Non a caso, fino al 2014 la Yele aveva regolarmente approvato il bilancio d’esercizio e provveduto al rituale deposito, limitandosi invece, negli anni successivi, ad elaborare i dati contabili, «senza mai renderli noti con atti esterni, in maniera tale da celare i soci e ai terzi la mala gestio e la scarsa solidità patrimoniale». La profonda instabilità finanziaria così condotto la società dapprima la liquidazione, disposto dal tribunale di Napoli nel mese di luglio 2018, e successivamente al fallimento, dichiarato con sentenza del tribunale di Vallo della Luca il successivo 30 ottobre.

Yele, inchiesta ‘Piazza pulita’: buco da 30 milioni e 45 ipotesi di reato

Le indagini hanno permesso di denunciare 29 responsabili, perlopiù professionisti con ruoli direttivi o di consulenza; nei confronti di 14 di essi, il gip del tribunale alla sede ha disposto il sequestro preventivo di beni per equivalente fino alla concorrenza di 20.443.892 euro L'articolo completo https://bit.ly/3b3sbZ2

Pubblicato da Giornale del Cilento su Venerdì 28 agosto 2020

Le indagini
Le vicende societarie sono state oggetto di accertamento nell’ambito di 33 diversi procedimenti penali, poi riuniti in un’unica indagine affidata dalla procura di Vallo della Lucania alle Fiamme Gialle, che si sono subito concentrati sull’esame dell’imponente mole di documentazione contabile ed extracontabile acquisita durante apposite perquisizioni presso le sedi del consorzio Corisa4, della Yele e delle cooperative di servizi operanti per conto della stessa.

Dalle risultanze investigative emerso la sistematica inadempienza anche degli obblighi verso istituti di credito e finanziarie che avevano erogato la «cessione del quinto» ai dipendenti della Tele che invece «tratteneva tali spettanze per scopi propri». Per non parlare di quanto scoperto in merito a fatture relative ai lavori di manutenzione, «veicoli di proprietà di alcuni dipendenti riparati interamente a spese della società». Avendo ormai perso requisiti di regolarità contributiva prescritti per la contrattazione pubblica, affidava inoltre parte dei propri servizi, in subappalto, cooperative create ad hoc, senza la preventiva autorizzazione da parte delle stazioni appaltanti, facendo fronte ai debiti erariali maturati attraverso «l’indebita compensazione di crediti inesistenti o comunque non spettanti».

Il vaso di Pandora
La massa debitore accertata dei Finanziere ammontato oltre 30 milioni di euro, i quali devono poi aggiungersi 10 relativi alle condotte distrattive poste in essere in pregiudizio dei creditori (lavoratori, dipendenti, fornitori ed erario). Il risparmio derivante dal mancato pagamento delle imposte e delle ritenute «veniva peraltro utilizzato dalla società per autofinanziarsi, continuando, per anni, una gestione pro domo sua, con la liquidazione di elevati importi per conseguenze legali e tecniche per collaborazione occasionali, anche non necessarie».

Essenziale, ai fini della puntuale ricostruzione delle condotte stigmatizzate nei capito accusa, le indagini tecniche svolte dei militari, dalle quali si evince, tra l’altro, come, il presidente del consiglio d’amministrazione, «pur avendo rassegnato le dimissioni, avesse di fatto continuato, occultamente, ad amministrare la Yele spa, dando disposizione dipendenti e dirigenti anche in ordine a tempistiche pagamenti». Le indagini hanno permesso di denunciare 29 responsabili, perlopiù professionisti con ruoli direttivi o di consulenza; nei confronti di 14 di essi, il gip del tribunale alla sede ha disposto il sequestro preventivo di beni per equivalente fino alla concorrenza di 20.443.892 euro. Allo Stato, sono stati cautelati quasi 100 beni immobili, tra fabbricati e terreni, 25 veicoli disponibilità finanziarie per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro. 

Sono tuttora in corso le indagini finalizzate all’individuazione e al sequestro, presso gli intermediari finanziari, di eventuali ulteriori liquidità riconducibili agli indagati.

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